EFFETTO DOMINO - Rubrica di approfondimento tematico
Foto di Marco Landi
Recensione di Chiara Rea
Secondo Paolo Cognetti, è la più bella raccolta di racconti uscita in Italia nel 2012, e non facciamo fatica a dargli ragione. Svanire, opera prima della giovane canadese Deborah Willis, è uno di quei libri che ti ingoiano, ti avviluppano tra le parole e non ti lasciano andare, anche una volta chiuso, anche a mesi dalla lettura.Quattordici racconti compatti ma porosi come una spugna che rilascia e assorbe allo stesso tempo. Il filo conduttore è tutto nel titolo – che è anche il titolo originale, Vanishing, nonché il titolo del racconto che apre la raccolta: le persone (e le cose, e i sentimenti, e i momenti) a volte scompaiono. E noi dove siamo quando questo accade, e cosa ci succede? È a questa risposta che sembrano rispondere i racconti della Willis, illuminando passaggi di vite umane in cui qualcosa si è rotto – spesso irrimediabilmente – e qualcuno si trova a dover affrontare un lutto, un distacco, una perdita, uno smarrimento. Che cosa succede allora? «Passano le settimane e la polizia smette di investigare. I tizi del giornale che avevano titolato Scrittore locale scomparso trovano storie nuove. Passano i mesi, poi un anno».
Passa il tempo e le cose cambiano, rimangono i ricordi ma anche questi sono ingannevoli, e a volte spariscono: «I ricordi così nitidi sono pochi. La presenza di Kelly nella sua mente è offuscata: entra ed esce, ma non in una forma che lui possa odorare o toccare. Quella parte della sua mente si è fatta buia e si illumina solo a chiazze, come la strada di notte. È come se Kelly fosse scomparsa in uno sbuffo di fumo o si fosse nascosta dietro un sipario. Dev’essere passata facilmente in una sorta di aldilà, che è ciò che lei avrebbe desiderato. Lui si aspettava di essere inghiottito dal dolore. Aveva sperato che non sarebbe svanita così in fretta. Aveva sperato che lo perseguitasse».
Ma quello che diamo per scomparso, a volte si è semplicemente spostato altrove o siamo noi che abbiamo posato lo sguardo da qualche altra parte, che abbiamo voluto dimenticare o non guardare: «Il fatto è che talvolta la gente torna. Tornano proprio quando ormai pensavi che se ne erano andati per sempre, quando hai perfino smesso di sentire la loro mancanza». Ciò che è tornato, allora, ci appare in tutta la sua dolorosa evidenza, insieme al vuoto che ha lasciato.
I racconti di Svanire sembrano a volte dei buchi, dei vuoti che si riempiono di parole, come se dare un nome alle cose e descriverle potesse aiutare non soltanto a dargli un senso ma anche a esorcizzarle, neutralizzarle, renderle innocue: «Forse, sosterrà, la denominazione non è semplicemente un processo di organizzazione del mondo, per impadronirsi del mondo o per conoscere il mondo, ma un modo per mantenere le distanze».
Figlie, madri, mogli, mariti, amici, fidanzate: i personaggi della Willis sono sempre descritti in base alla relazione che intrattengono con qualcun altro, come se da soli non potessero esistere. Ma spesso, proprio quando si trovano a essere soli, a interrompere forzatamente questo legame che li definiva, sembrano trovare veramente la ragione di esistere, solo allora sono degni di essere descritti e osservati, in quella vertigine di vuoto, di privazione, di assenza, in quella tensione irrimediabile tra passato e presente, tra un prima e un dopo, i due termini in mezzo ai quali si è verificato quell’attimo che sconvolge tutto. Ed è proprio tra questi due poli che spesso sono costruiti questi racconti, su un’alternanza di piani temporali (e talvolta anche di punti di vista) con un’incredibile abilità nella composizione, che è sempre ben calibrata, ma non in maniera artificiosa o calcolata, bensì come se quello fosse l’unico modo di raccontare ciò che viene raccontato. Allo stesso modo anche la lingua della Willis e la costruzione delle frasi – semplici ma mai sciatte o superficiali o superflue, sempre incisive, sempre al posto giusto – contribuiscono a creare senso trasmettendo un’impressione di smarrimento che gioca sul filo del rasoio tra realtà e invenzione: queste potrebbero essere le nostre storie, o potrebbero essere storie inventate ma possibili, e quindi ci diciamo “è così” – nella vita come nella letteratura – “ma potrebbe essere anche in un altro modo?”.
«Che lei la faccia franca, o no. Che lei rimanga con lui, o no. Forse non importa. O perlomeno, a volte non importa. Quello che importa è questo: per anni la moglie ha studiato i salmoni argentati (la loro intricata struttura ossea, le loro abitudini esigenti) e finalmente li comprende. Non solo il loro aggirarsi furtivo, la loro sessualità rischia-tutto. Ogni cosa: la gestazione, la sopravvivenza, poi quel folle istinto a risalire il fiume, verso il desiderio e verso (lontano da) chissà cosa. Ora comprende. Ma solo per poco, e solo a sprazzi, come quando all’improvviso pensa al rapido sorriso del ragazzo, ai suoi fianchi nudi. Magari sta colorando un libro con il figlio, o è in piedi a lezione di fronte ai suoi laureati, e pensa: capisco. Comprendo i salmoni argentati. Vorrebbe dirlo ai suoi studenti, ma come?, a questi giovani visi concentrati? Penserebbero che è matta, o ubriaca. Così alza le mani, le abbassa. Capisco, vorrebbe dire: “Siamo vivi. Questo si chiama essere vivi”. […]
Forse c’è un momento in cui nessuno dice una parola. Nessuno si muove. Il ragazzo nella sedia di cuoio, la moglie con le mani infilate sotto le ginocchia. Dopo che lei ha voltato la testa ma prima che il marito parli, prima che il ragazzo si alzi. La luce attraverso le tende, il tappeto impolverato, le pile di registri di laboratorio. Una tazza di caffè semivuota che lascia un alone sulla scrivania. E una pausa, un secondo in cui sono immobili. La moglie, il marito, il ragazzo. Potrebbe andare in molti modi.»
Nota sull’autrice
Deborah Willis è nata nel 1982 a Calgary (Canada) dove è cresciuta. Suoi racconti sono stati pubblicati su «Event», «Grain», «PRISM International» e sull’antologia britannica Bridport Prize Anthology, prima di essere raccolti in Vanishing and other stories, nominato uno dei migliori libri del 2009 dal «Globe and Mail». Al momento lavora come libraia a Victoria, nella Columbia Britannica http://www.deborahwillis.ca/
Svanire di Deborah Willis
traduzione di Anna Baldini e Paola Del Zoppo
Del Vecchio Editore, 2012
pp. 294, 13,00 €