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Elementare, Watson (appunti sul neoliberismo e sull'essere idioti)
Creato il 03 ottobre 2013 da EinzigeQuindi - riprendendo tutta la strombazzante e starnazzante propaganda mediatica - si dice che l'ovvia soluzione alla crisi consista nel farci lavorare di più.
Farci lavorare di più, ancora, fino a un'età imprecisata - senza denti, capelli e voglia di vivere.
No, lo voglio ripetere: farci lavorare di più.
L'ossessione per il lavoro dell'ideologia neoliberista è patologica: sebbene questa corrente ci abbia convinto tutti (o, almeno, ha convinto quelli che contano) che l'unico dogma che bisogna piantarsi in testa sia quello della CRESCITA ECONOMICA, durante il suo regnum e interregnum (ancora in corso, by the way), i tassi di crescita sono selvaggiamente calati, la produttività ha subito un brusco tracollo, le persone muiono di fame, i disperati muoiono a frotte innanzi ai nostri occhi, e il welfare state è stato smantellato e dato in appalto alle associazioni criminali più in vista.
Il neoliberismo ci dice che loro sono chiaramente i mejo fichi der bigoncio - quelli che si fanno chiamare élite finanziaria internazionale, quelli che calcono e misurano il valoro delle cose per massimizzarle al massimo (di sguincio, mi viene in mente tutta una sezione di questo film in cui il protagonista si cimenta con successo nell'american dream e che è abbastanza significativa nell'ottica del discorso che stiamo affrontando, ndr) e che hanno, of course, la scienza infusa, eppure: l'architettura finanziaria che con caparbia irresponsabilità hanno promosso e legittimato ha fatto in realtà crollare l'economia mondiale, noi s'è finiti tutti gambe a l'aria e ci siamo ritrovati Letta premier, tanto per dirne una eh.
A livello politico, 'sta roba ha funzionato alla grandissima: in tutta franchezza non mi viene in mente sistema migliore per rendere le persone politicamente passive, inconsapevoli, ignave e ignare del patatrac in procinto di compiersi se non quello di massificarli, alienarli, psicopatizzarli mettendoli a lavorare n ore al giorno, rendendoli pendolari e intrinsecamente ed estrinsecamente dipendenti dal lavoro. Immolare sull'altare della produttività la vita di milioni e milioni di persone è stata la sfida più grandiosamente crudele e sadica mai vinta dall'ideologia neoliberista e, per esteso, dal capitalismo tout court: chiusi in piccoli abitacoli per la gran parte del giorno (ufficio, casa), con un numero limitato di persone con le quali conversare e dialogare (posto che è stato sminuito anche il sistema di comunicazioni tale da renderlo un innocuo scambio di informazioni più o meno generiche e nulla più - ma su questo ci ritorniamo...), afflitti da preoccupazioni d'ordine pratico che, in un ipotetico universo migliore, non sarebbero degne della benché minima attenzione, agli esseri umani viene tolta la prospettiva - una prospettiva alternativa.
Il dato più o meno tragicomico della situazione è che è fin troppo palese l'inattualità e la mistificazione creata dal neoliberismo, ma siamo nella insana condizione di non riuscire a pensare una prospettiva di liberazione o di emancipazione perché gli strumenti della sovrastruttura e dell'ideologia dello stesso hanno funzionato decisamente meglio rispetto a tutto l'armamentario di strumentazioni economiche che ci avrebbero fatto assurgere al regno dei cieli in vita.
LA GUERRA CONTRO L'IMMAGINAZIONE È L'UNICA CHE IL CAPITALISMO È RIUSCITA DAVVERO A VINCERE.
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