Il grande Enzo Jannacci è morto nel giorno del venerdì santo, 29 marzo 2013. Aveva 77 anni.
Brillante e creativo cantautore, ha rappresentato per anni l’arte milanese e le sue canzoni hanno fatto sorridere ed entusiasmare numerose generazioni. Brani caratterizzati sempre da un ironico cinismo, le sue storie venivano ispirate dai pazienti che ha sempre continuato a ricevere esercitando anche la professione di medico.
Nel 2009 è avvenuta una svolta pubblica nella sua vita, in parallelo alla terribile vicenda dell’omicidio di Eluana Englaro (una “condanna a morte”, la definì Jannacci). Un’intervista al Corriere della Sera scosse molte coscienze, anche se non servì a cambiare le sorti della povera donna, in molti capirono comunque che ad Enzo era accaduto qualcosa, un cambiamento nella sua vita. C’è chi parlò di conversione, che poi di fatto avvenne.
Queste le parole nell’intervista: «Non staccherei mai una spina e mai sospenderei l’alimentazione a un paziente: interrompere una vita è allucinante e bestiale. Vale sempre la pena di aspettare: quando e se sarà il momento, le cellule del paziente moriranno da sole. E poi non dobbiamo dimenticarci che la medicina è una cosa meravigliosa, in grado di fare progressi straordinari e inattesi. La vita è sempre importante, non soltanto quando è attraente ed emozionante, ma anche se si presenta inerme e indifesa. L’esistenza è uno spazio che ci hanno regalato e che dobbiamo riempire di senso, sempre e comunque». E poi la frase finale, commovente ancora oggi: «Stare dove la vita è ridotta a un filo sottile è traumatico ma può insegnare parecchie cose a un dottore. C’è anche dell’altro, però. In questi ultimi anni la figura del Cristo è diventata per me fondamentale: è il pensiero della sua fine in croce a rendermi impossibile anche solo l’idea di aiutare qualcuno a morire. Se il Nazareno tornasse ci prenderebbe a sberle tutti quanti. Ce lo meritiamo, eccome, però avremmo così tanto bisogno di una sua carezza».
Poco tempo dopo, un’altra intervista, questa volta per Avvenire: «Non sono ateo, credo in Dio. Sto affrontando una costante dialettica interna attraverso la lettura della Bibbia e del Vangelo. Sto vivendo una maturazione del mio credo religioso. Vidi la carezza del Nazareno a un povero operaio stanco su un tram di Milano. E’ difficile amare il prossimo, ancor più difficile amarlo come se stessi. Ma è la via per arrivare a Dio».
Jannacci è stato accompagnato alla morte dai famigliari e, lo sappiamo da fonti riservate, da due laici dedicati per vocazione a Cristo e alla Chiesa, è morto da cristiano. Caro Enzo, ora sei tra le braccia del Padre, sei andato “a vedere l’effetto che fa”.