Magazine Diario personale

Era ieri

Da Mizaar

momEra questa l’ora, pressapoco. Negli attimi concitati che seguirono qualcuno mi disse che sarei dovuta andare a prendere delle calze più spesse, a casa mia – non c’erano calze scure da metterti, tu non ne portavi.  Per strada, inebetita dal dolore, anestetizzata quasi, mi dicevo della stranezza di vestirti di scuro, necessario colore del lutto. E l’abito lo avevi scelto in precedenza, a mia insaputa, ché mi sarei arrabbiata se tu mi avessi chiesto di scegliere un vestito per il tuo viaggio, l’ultimo – si dice così,  l’ultimo viaggio, ma per andar dove, poi? Complice tua sorella, la rossa sorella che amavi, quella che ti somigliava di più, avevi sistemato ogni cosa, dimenticando le scarpe, però.  E quando quelli che ti avevano composta me le chiesero, dissi loro che almeno le scarpe dovevano darmi il tempo materiale di cercarle tra le tante che compravi e non mettevi. Così ne presi un paio belle, davvero eleganti, con il tacco che non sfigurassero con il tuo vestito da festa. Abbigliata da festa per un viaggio, strano ma’, non trovi? E poi il rituale di poggiarti sul letto,  vestita da festa, ma coperta da un lenzuolo perché avessi la parvenza del dormire, ma vestita da festa e con le scarpe ai piedi. Tutti momenti che ancora ho vividi nella mente, dopo gli anni che per tanti, per troppi, sono diventati passato remoto. Faccio fatica a lasciarti andare, ma’, come qualcuno mi consiglia di fare. Ci si abitua a tutto, a quasi tutto, di certo non a questo.


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