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Estadio Nacional de Panamà

Da Greg Petrelli
C'è Allison, alta e snella, che potrebbe avere tranquillamente sia dieci che quattordici anni; poi Victor e Josè, diciamo tra gli otto e i dieci, rigorosamente senza scarpe, Berenice, sicuramente otto anni e una faccia da piccola peste; Giorgia e Victoria, più piccine, guardano dalla rete. Poi c'è Greg, venticinque anni e una gran faccia da culo; come ha visto un pallone rotolare non ha potuto fare a meno di fermarsi a giocare con i vicini. Mi hanno distrutto: ma quanto cazzo corrono!? Senza scarpe o con le CROCCS più grandi di due numeri, in una strada larga cinque metri con asfalto dissestato, sassi e ferro a sbalzo, cunette pericolose, buchi terribili e un divertimento infinito; quelli scalzi hanno consacrato al dio calcio anche le ciabatte: ingegneria avanzata per posizionare i pali nello stadio regolamentare de "La Paz di Chame". Quattro dei miei nuovi amici appartengono alla stessa famiglia e sono miei vicini; gli altri ragazzini e ragazzine che orbitavano nell'intorno del campo da gioco devono far parte di qualche altra famiglia dei dintorni. Dopo che io, Victor e Josè le abbiamo prese di santa ragione dalle ragazze giocando a calcio, Berenice ha insistito perchè giocassimo a baseball o fussball (credo abbiano detto così) cioè una variante del primo in cui si usa una palla da calcio e si può colpire o con la mazza o calciando. Come tutti i ragazzi italiani non so nulla di baseball, per cui ho dovuto chiedere le regole, scusandomi con la frase vera, ma di circostanza, che "nessuno nel mio paese gioca a baseball". Victor mi risponde "Forse non si giocherà così, in strada, ma ci sono tante squadre: gli Yankee, i Red Soxs..." mi ha fatto abbastanza male sentirglielo dire, per cui gli ho risposto per le rime: "non credere che sia un Gringo perchè ho la pelle bianca e gli occhi azzurri. Questo è razzismo!" Dopo questo momento di ilarità s'è giocato duro, mi hanno spompato di brutto, in più s'è aggiunto un altro ragazzo che credo si chiamasse "Giancarlo" o un nome così, sui 12, e ci ha fatto sudare sette camicie. Visto che vi parlo sempre di lavoro o cose pallose ho deciso di condividere questo momento con voi; anche qui a Panamà bastano un pallone una strada e dei bambini per capire che cos'è, o dovrebbe essere, davvero l'essere umano. Ps. Ovviamente anche oggi ho lavorato, ed ho prodotto qualcosa per me e per la mia abitazione...

Estadio Nacional de Panamà

Porto sempre Tigro e Winnie de Pooh nei miei viaggi


Estadio Nacional de Panamà

Ho tenuto tutte le scatole di cereali vuote solo per questo momento!


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