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in dagli anni Ottanta, anni delle città da bere, si sovrapponeva il concetto di valore a quello di prezzo. Da ciò, si è assistito a un progressivo depauperamento della posizione e del ruolo dell’editore come filtro e intermediario culturale con la società. Oggi ci troviamo dinanzi una situazione sconfortante: una crisi massiva che ha investito sia i lettori in quanto categoria, sia gli operatori del settore. Gli stage diventano occasione per avere lavoratori non pagati e le prove di traduzione si trasformano “miracolosamente” in libri tradotti. La passione altrui diventa alibi per lo sfruttamento in molte redazioni; la professionalizzazione, un sinonimo di sfruttamento.E ancora. Da una parte troviamo lettori sempre più disamorati del livello spesso basso dei prodotti offerti, penalizzati da un pessimo editing o da una traduzione scadente. Dall’altra, editori alla perenne caccia del best seller, che non esitano a cannibalizzare autori giovanissimi o usare volti noti dello spettacolo e dello sport per tirar su qualche copia in più Il problema è dato dalla natura peculiare del bene libro. Non è un oggetto che ha “solo” un valore prettamente economico. Si tratta di un contenitore di cultura, saggezza e saperi che, a vario titolo, vengono messi in comune con la collettività. Parlare dei libri come di beni che hanno un plusvalore non quantificabile è – forse – una delle strade per riportare l’attenzione cifre e fatturati a ciò che essi contengono e rappresentano: scienza, storie, saperi.
Nella società civile ci sono già dei segni in tal senso: basti pensare alla crescente attenzione per i cibi e la ristorazione a Km zero, o ancora, all’uso responsabile delle risorse ambientali che viene portata avanti come politica da parte di alcune realtà economiche. Si tratta di una strada difficile, ma non impossibile. La casa editrice indipendente :Duepunti ha aperto questa strada. Ha scelto di proporre prezzi che siano valutabili e trasparenti, per garantire al lettore la possibilità di comprendere appieno quale valore è attribuito al bene – libro. Sulla stessa linea, troviamo le iniziative volte a tutelare il prezzo dei libri e a migliorare uno status quo che deve e può esser migliorato.
Al di là dei discutibili esiti della Legge Levi sugli sconti, da parte di autori, editori indipendenti e operatori del settore si ravvisa il bisogno di lavorare per riqualificare il mercato editoriale e riportare in equilibrio il prezzo dei volumi. Questo perché la legge in questione è stata fatta concedendo numerose scappatoie e zone grigie in cui le grandi catene e i colossi editoriali sono stati lesti a infilarsi. Così troviamo sempre alcuni romanzi a uno sconto ben superiore al previsto 15% e dall’altra vi sono case editrici che non permettono alle librerie aderenti alla loro distribuzione di applicare gli sconti previsti dalla legge. Oggi, grazie all’associazione Forum del Libro si stanno raccogliendo le firme per la proposizione di una legge di iniziativa popolare, al fine di tutelare davvero il mercato. Una legge scritta da chi i libri le legge sul serio e li mastica, e li vive, e ci lavora. Non da chi ha legami o interessi con le grandi holding del settore (en passant, ricordiamo che il Presidente del consiglio in carica durante la promulgazione della Legge Levi è proprietario mediante la sua famiglia del prncipale gruppo editoriale italiano). Il provvedimento che sarà presentato al Parlamento è stato scritto da componenti di associazioni di categoria e si avvale del parere di lettori, editori e autori. C’è un forum e c’è una pagina in cui si possono presentare spunti e suggerimenti, Per disciplinare il mercato degli sconti, infatti, bisogna tener conto di variabili numerose ma soprattutto ragionare sul lungo periodo.In una frase: se al momento si hanno sconti maggiori, successivamente si assisterà a una crescita del prezzo del volume, di modo tale che lo sconto sarà “gonfiato” e l’editore raggiungerà sempre e comunque un margine di profitto ottimale. Laddove il prezzo dei volumi rimane calmierato – come accade in Francia o in Germania – si assiste a un progressivo allineamento dei prezzi che consente in primis, la bibliodiversità – ossia la compresenza di più titoli e più editori nelle librerie – e in secondo luogo, un contenimento della posizione di strapotere delle case editrici nei confronti di distribuzione e vendita al dettaglio, ossia minori rincari per il lettore.
Infatti, il libro è un bene dal prezzo scarsamente elastico, come si dice in economia politica: ha un prezzo che è contenuto e che è legato a quattro fattori, cioè supporto cartaceo/digitale, opera di traduzione editing; distribuzione e pagamento dell’autore. Purtroppo, sappiamo quale misera fine fanno spesso i testi di legge ad iniziativa popolare nel nostro paese. Tuttavia, questo è un segnale importante, per far capire che ancora esiste un valore e che la cultura non è monetizzabile, né è legata ai trend erotici e scoparecci del momento come invece certe personalità editoriali vorrebbero imporci, insieme con i loro prezzi gonfiati. Un’altra strada è possibile. Basta avere il coraggio e la voglia di percorrerla.