Vi sono prodotti che, appunto, per consuetudine popolare sono ormai chiamati in modo tale da non poter essere confusi con il latte e prodotti derivati, vedi es. del latte di mandorla, molto diffuso qui in Puglia. Pensavo sinceramente che per il latte di soia valesse lo stesso principio, invece ho scoperto questo Documento della Comunità Europea dello scorso dicembre 2010 che fa chiarezza: DECISIONE DELLA COMMISSIONE del 20 dicembre 2010 e praticamente solo latte di mandorla e latte di cocco possono mantenere tale denominazione, per via di quanto detto precedentemente sull’utilizzo tradizionale e ormai diffuso di tali denominazioni in alcuni Stati. Con la stessa decisione però, la CE prescrive che gli Stati membri devono comunicare alla Commissione un elenco indicativo dei prodotti che, a loro giudizio, rispondono nel territorio nazionale ai criteri stabiliti per la succitata deroga (e che quindi possono utilizzare il sostantivo “latte”, come per altri termini comuni, senza confondere e trarre in inganno il consumatore sulla reale natura). Le denominazioni dei prodotti devono essere riportate nel suddetto elenco così come vengono tradizionalmente usate nelle varie lingue dell’Unione, in modo da renderle utilizzabili in tutti gli Stati membri.
Pertanto, tornando al caso del gentile produttore di cioccolato e di tutti quelli che utilizzano il “latte vegetale di soia” o la bevanda di soia, effettivamente non si può usare il termine “latte” di soia, ma solo altre denominazioni: ….estratto di soia, prodotto a base di soia, bevanda di soia, soia drink, ecc. Questo in attesa che magari, gli stati membri presentino un elenco di “denominazioni” in deroga, supportate dal fatto che la denominazione tradizionale, non nasconde la vera composizione della materia prima e non tragga in inganno il consumatore.
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