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Evo Morales e il caso Snowden rivelano un Sudamerica spaccato

Creato il 07 luglio 2013 da Pfg1971

Evo Morales e il caso Snowden rivelano un Sudamerica diviso

Dopo aver messo nei guai Barack Obama con le rivelazioni sullo spionaggio a danno delle comunicazioni di tutti i cittadini americani, Edward Snowden, ex contractor Nsa, l’agenzia di sicurezza nazionale americana, è riuscito ad esasperare anche i rapporti tra Usa e America Latina.

 

Tutto è cominciato lo scorso 2 luglio, quando, l’aereo del presidente boliviano Evo Morales è stato bloccato a Vienna, di ritorno da un viaggio a Mosca.

 

Il capo di stato ha dovuto atterrare in Austria perché Francia, Italia e Spagna gli avevano negato l’attraversamento del loro spazio aereo.

 

La motivazione era che, a Mosca, Morales avesse imbarcato sul suo velivolo proprio Snowden, bloccato da due settimane nell’area passeggeri dell’aeroporto moscovita.

 

L’ex contractor ha chiesto asilo politico a ben 23 paesi e, tra questi, anche alla Bolivia, per cui, temendo che l’aereo del primo presidente indio di La Paz, potesse portarlo nel paese sudamericano, le autorità europee si sono affrettate a bloccare il velivolo, negandogli il passaggio nei loro spazi aerei.

 

Ovviamente, dopo aver perquisito il mezzo nella capitale austriaca, di Snowden non c’era alcuna traccia.

 

L’intervento è subito apparso per ciò che era, un grave sgarbo diplomatico verso una nazione sovrana.

 

Non solo, quello che ha destato maggiore meraviglia è che a compierlo siano state nazioni, che solo qualche giorno prima, si erano indignate per le rivelazioni di Snowden, di essere state spiate dagli Usa persino durante i vertici del G8 e del G20.

 

Evidentemente se è necessario fare un favore a Washington è possibile mettere da parte uno sdegno che, alla luce dei fatti, è stata più una maschera che un sentimento genuino.

 

Al di là del servilismo europeo verso gli Usa – dettato anche dalla volontà di non danneggiare le cruciali trattative per un accordo di libero scambio transatlantico - l’aspetto più pesante dell’intera vicenda è stato il modo in cui è stato trattato Evo Morales.

L’ex cocaleros presiede uno stato sovrano, ricco di gas naturale, che però le ben più “civili” nazioni europee considerano un paese di serie B, visto che hanno trattato il suo leader come un criminale qualsiasi.

Un riflesso dell’antico spirito coloniale europeo, mai del tutto tramontato, che sarebbe stato impossibile se su quell’aereo ci fosse stata una Angela Merkel o un David Cameron qualsiasi.

Naturalmente quanto accaduto a Morales non è passato sotto silenzio in America Latina.

 

Su Twitter sono apparsi messaggi indignati sia della presidente argentina Cristina Kirchner, sia del suo collega dell’Ecuador Rafael Correa.

 

Anche il successore di Hugo Chavez, Nicholas Maduro ha espresso piena solidarietà al boliviano. Il presidente del Perù, Ollanta Humala, presidente dell’Unasur, l’Unione delle Nazioni Sudamericane, ha convocato per il 4 luglio scorso una sessione speciale dell’organismo, a dimostrazione che la solidarietà continentale e le spinte all’integrazione latinoamericana, per cui si è speso a lungo il defunto Chavez, sembrerebbero una realtà.

 

Secondo quanto riporta il Washington Post, tra i leader di Argentina, Bolivia, Venezuela, Ecuador ed Uruguay, vi sarebbe ormai una continua intesa e comunanza di interessi politici.

 

Una sintonia che li porterebbe a difendersi l’uno con l’altro per fare fronte comune contro gli attacchi esterni, soprattutto se provenienti dagli Usa, che anche con il nuovo segretario di Stato John Kerry, considera sprezzantemente il loro “backyard”, il loro cortile di casa.

 

Lo sgarbo a Morales, frutto indiretto dell’isteria statunitense verso il caso Snowden, ha rafforzato l’unione tra questi leader sudamericani e ha condotto sia il presidente Maduro, sia il collega del Nicaragua, Daniel Ortega a dirsi pronti a concedere asilo all’ex contractor della Nsa.

 

Un dispetto verso Washington che vuole essere anche una risposta a quanto subito da Morales.

 

Una crescita dell’integrazione latinoamericana, facilitata anche da episodi come quello di Snowden, non può non essere un fattore positivo.

 

Tuttavia, tale spinta pare a senso unico poiché non coinvolge tutti gli attori latinoamericani.

 

Infatti, riguardo il caso Morales, sia il gigante brasiliano con la presidente Dilma Roussef, sia la Colombia di Manuel Santos o il Cile di Sebastian Pinera non si sono pronunciati.

 

Il loro silenzio evidenzia una frattura netta tra due Sudamerica: uno che spinge per una maggiore integrazione, libera da condizionamenti esterni, come quelli imposti dagli Usa, e un altro che, o se ne disinteressa, come il Brasile (ormai potenza mondiale che tende a proiettare le sue ambizioni su un palcoscenico ben più ampio della sola America Latina) o aspira a costituire un blocco alternativo, che accresca i legami con Washington, a scapito dell’indipendenza continentale.   

Evo Morales e il caso Snowden rivelano un Sudamerica spaccato

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