La vulgata corrente, cui soggiacciono pedissequamente le menti più labili e gli animi più rozzi, vorrebbe i tre milioni di dipendenti della P.A. tutti fannulloni e corrotti.
Certo non è tutta colpa di queste anime ignoranti e grossolane, responsabili soltanto di non avere esercitato il loro spirito e di non avere utilizzato gli strumenti culturali (di cui pure, alcuni sono stati dotati) per smascherare dei luoghi comuni, spacciati come veri con secondi fini da politici in malafede e diffusi da certi mass-media superficiali e prezzolati.
Io, che detesto la burocrazia ed i suoi riti bizantini (che comunque, occorre riconoscerlo, tutti i governi della Seconda Repubblica, sulla scia del ministro Bassanini, hanno cercato di semplificare) non voglio cadere nella trappola e fare di tutte le erbe un fascio.
Pur continuando a non amare la burocrazia in quanto tale, vorrei mettere in evidenza i meriti che molti dipendenti della P.A. hanno acquisito ed acquisiscono, tanto maggiori quanto più complessa e contorta è l’organizzazione dei loro servizi.
Intanto chiariamo una cosa: in questi tre milioni vengono conteggiati anche i dipendenti comunali e provinciali; quelli che ci rilasciano i certificati anagrafici, fanno il serv izio di nettezza urbana, curano le pratiche dei numerosi bisognosi di assistenza sociale, fanno servizio al cimitero, puliscono strade e così via.
Poi ci sono gli insegnanti: quelli che con amore ci hanno seguiti da bambini e da ragazzi e quelli che oggi seguono i nostri figli; quelli che ci hanno aiutato a diplomarci e a laurearci, arricchendo la nostra cultura, aprendo le nostre menti.
Poi ci sono i carabinieri, i poliziotti, i finanzieri, gli infermieri del Pronto Soccorso e i medici di famiglia; gli impiegati del Catasto, delle Conservatorie, degli Uffici del Registro e delle Motorizzazioni Civili; i militari di carriera; gli ufficiali giudiziari, i cancellieri, i magistrati, i prefetti e i loro collaboratori, gli autisti del trasporto pubblico, i pompieri e i vigili urbani.
Ne ho dimenticato sicuramente tanti ma l’elenco voleva solo essere esemplificativo.
Ebbene io non me la sento di chiamare tutti quanti fannulloni e corrotti soltanto perchè alcuni di loro, una percentuale che non so, ma che posso, per esperienza diretta, umana e professionale, ragionevolmente supporre a una cifra soltanto, effettivamente si macchiano di reati contro il loro datore di lavoro oppure si “imbucano” scaricando il loro lavoro sui colleghi e causando disagi ai cittadini.
Ragioniamo: ma se un servizio pubblico funziona male di chi è la colpa maggiore?
Propongo tre risposte: dei politici, degli alti funzionari o dei semplici impiegati?
E ci pensate a cosa provi un dipendente che si accorge che il politico di turno, eletto a dirigere l’Ente di cui egli è dipendente, intasca delle bustarelle, fa dei favoritismi politici a suo danno e abusa della cosa pubblica per scopi personali?
Le risposte vanno da sè.
Ragioniamo ancora: ma se davvero questi tre milioni fossero dei fannulloni ma l’Italia, lo Stato apparato e lo Stato comunità potrebbero andare avanti?
D’accordo, potrebbero andar meglio; chi lo nega? Ma anche qui mi chiedo se spetti al singolo dipendente organizzare al meglio il suo lavoro oppure ci debba essere un superiore, un responsabile, un capo-servizio a farlo.
E qui siamo giunti alla terza riflessione: tutti sappiamo per esperienza che i nostri politici, dal 1948 ai nostri giorni, hanno operato assunzioni nella P.A. con criteri nepotistici. E’ ovvio che gli affiliati dei politici, i loro protetti, i parenti, i clientes e quant’altro, sono stati assunti nei gradi più alti della burocrazia amministrativa statale (e non solo statale).
Cominciamo quindi ad escludere chi il concorso pubblico lo ha vinto per meriti personali e non per aver ricevuto una regalìa dal politico amico. Credete dunque che a costoro faccia piacere vedersi scavalcato nella carriera dal favorito di turno?
E chiedo ancora: di chi è la colpa dei disservizi pubblici?
Io provengo da una famiglia di commercianti e solo per amore dell’insegnamento sono divenuto un dipendente pubblico: e non ho visto, a cinquant’anni suonati da un pezzo tutti questi insegnanti senza far niente nelle scuole dove sono stato; e come avvocato non ho visto così tanti magistrati, cancellieri o ufficiali giudiziari a ciondolare nei corridoi o nelle aule del Palazzo.
Ma se anche se ne fossero (e ce ne sono, anche se in percentuale minima) perseguiamoli, puniamoli, cacciamoli. Lo dico e lo grido prima ancora come citttadino che come avvocato o come insegnante.
Ma qui concludiamo con la domanda ricorrente: chi dovrebbe avviare il risanamento e la moralizzazione della Pubblica Amministrazione?
I politici, naturalmente!
Cioè questa classe politica che ci ritroviamo.
Come affidare ai topi la custodia del formaggio!