Su Fascicolo Sanitario Elettronico e ticket alla FestUnità NON c’è stato un bel dibattito (una volta tanto dissento da Moruzzi).
In platea poca gente “normale” e tristemente ho avvertito più un’aria di preoccupazione/rassegnazione che di fiducia verso la sanità, per quanto eccellente, “ad alta comunicazione”, ecc., come lo è senz’altro quella dell’Emilia Romagna. L’attenzione della politica è certamente importante e il lavoro di CUP 2000 è indiscutibilmente lodevole (i numeri forniti parlano da soli), tuttavia sulla questione centrale di arrivare ad una nuova sanità più efficace, efficiente e sostenibile ho sentito un po’ troppa retorica. Anzi, sull’efficacia - probabilmente il punto più importate in assoluto (vedi la questione fondamentale dei determinanti di salute) - non mi pare si sia discusso affatto.
Che l’e-health porterà a cure più efficaci e ad una salute migliore è ancora una promessa più che un’evidenza scientifica: la sanità elettronica pone al sistema una grande sfida tecnologica, organizzativa (umana) ed economica il cui risultato, allo stato attuale, è quantomai incerto. Sarebbe bene che tutti gli attori - cittadini in primis - ne fossero consapevoli, perchè servirebbe davvero un nuovo e reale “Patto per la salute”.
L’alta complessità e il basso accordo su come gestire la regionalizzazione dei sistemi sanitari, il loro finanziamento e sostenibilità, l’innovazione biomedica e tecnologica, l’evoluzione delle professioni sanitarie e dei modelli organizzativi, ecc. - anche volendo dimenticare per un momento lo spadroneggiare della politica con la p minuscola - pone la sanità in una rischiosa area “ai margini del caos”…
Come ha evidenziato Joseph Tainter (semplificando, ovviamente) le società crollano quando l’aumento di burocrazia necessaria per gestire l’aumento di complessità del sistema assorbe così tante risorse da avere un’utilità marginale negativa e in sostanza produce più svantaggi dei benefici portati dalla maggiore complessità.
Ora, a mio avviso, gli investimenti per una sanità elettronica ad alta comunicazione hanno/avrebbero la potenzialità di aumentare il livello di complessità sostenibile (e quindi l’effcacia e l’efficienza del sistema), ma con diversi “SE”, ovvero con diversi gradi di probabilità. Ad esempio, SE riuscissero a ridurre complessivamente il peso della burocrazia sul sistema (tutt’altro che scontato).
Giocando ironicamente sul rapporto uomo-tecnologia, un’indovinata campagna pubblicitaria di qualche anno fa, con il centometrista Carl Lewis in tacchi a spillo, sosteneva che “la potenza è nulla senza controllo”. Ma a ben guardare, in ambito digitale c’è anche il rovescio della medaglia: più il software, i sistemi informativi, la sanità elettronica diventano potenti, interconnessi, integrati… più il controllo implicito - (potenzialmente) presente in ogni attività online - amplifica il timore di essere controllati e rischia di far boicottare/non adottare gli strumenti stessi, annullandone di fatto le potenzialità.
Due esempi: parlando con un medico di base del Fascicolo Sanitario Elettronico e del progetto SOLE in Emilia Romagna e con un fisiatra del nuovo processo di gestione online della protesica in Lombardia mi hanno colpito i lori simili timori che tutta questa informatizzazione in sanità miri sostenzialmente ad aumentare il controllo burocratico sui medici (su prescrizioni di farmaci, analisi, terapie, ausili) al solo (o principale) scopo di contenere la spesa sanitaria, svilendo la “scienza e coscienza” del medico.
In una transizione così veloce e (potenzialmente) radicale verso una Sanità 2.0 d’altra parte è difficile che le persone non abbiano un atteggiamento diffidente e difensivo e il punto cruciale (ancora una volta) è l’aspetto umano.
Forse quindi una parola chiave è (COR)RESPONSABILITA’ perchè lascia a ciascuno il compito di perseguire in modo trasparente e corretto il proprio lavoro, e un’altra (Gaber docet) è PARTECIPAZIONE, la consapevolezza di “essere in un sistema” o, come va più di moda adesso, “essere in rete”.
Non so dire - citando l’assessore - se siamo di fronte al “silenzio di una foresta che cresce”, ma l’altra sera non ho visto molti cittadini farsi avanti per chiedere il proprio FSE, e quel silenzio della “gente” mi è sembrato preoccupante.