Nino Cirillo fa sul Messaggero di oggi un ritratto splendido di Fabrizio Filippi, anonimo ragazzotto di famiglia bene della periferia romana salito agli onori delle cronache grazie al gesto atletico del lancio dell’estintore alla manifestazione di sabato scorso a Roma. Er Pelliccia ora è famoso e forse ne sarà felice, forse no. Cirillo dice:
“Fabrizio è un tipo da studiare con attenzione perché di tipi come lui s’è riempita a un certo punto piazza San Giovanni, perché è grazie a tipi come lui che i cinquecento violenti di via Cavour son diventati mille, eppoi duemila eppoi forse più. Perché è gente come lui -lanciatori di estintori in attesa di avere «relazioni passionali con una ragazza», come aveva scritto chattando su un sito- che ha tenuto in scacco la polizia per più di due ore, gente inebriata dalla sola idea dello scontro, dalla sola voglia di sfasciare vetrine e menare le mani e poi tornare al bar a raccontarlo agli amici.”
Non è un mostro Fabrizio. E’ un ragazzo come, purtroppo, ce ne sono tanti. Un ragazzo annoiato dalla vita e deluso nelle sue aspettative, un ragazzo che non vede davanti a sé un futuro e forse nemmeno cerca di vederlo, instupidito dalle amicizie simili a lui, dalla tecnologia, dalle droghe leggere o pesanti che oggi sono di uso tanto comune, da una vita fatta di ricerca esasperata del divertimento e null’altro. Sono piene le città e i paesi di questi ragazzotti indefinibili, dalla faccia per bene e dal corpo tatuato, di cui non si può dire nulla di male ma forse neanche nulla di bene. Ragazzi di scarsa cultura, dall’intelligenza assopita o atrofizzata, ragazzi pronti a menare le mani per qualsiasi cosa somigli ad un ideale, a qualcosa in cui credere purchè non costi troppo sforzo mentale. Dice ancora Cirillo:
“Il Pelliccia mescola citazioni di Hitler con Cicciolina e Rocco Siffredi, e alla bisogna richiama anche Jack lo Squartatore e il Mostro di Firenze, ma così, giusto per stupire. Sostiene di «vivere straniero nella mia nazione», di essere «emarginato perché odio lo stato» e solo in un passaggio ammette la verità: «Sono in guerra con qualcuno, ma non so con chi in realtà».”
Sono parole che leggo troppo spesso. Sono le parole che usano certi ragazzi che ben conosco e che ho descritto nei miei precedenti ragionamenti sull’argomento manifestazione di Roma. Li ho chiamati fascistini ma è riduttivo. Il fenomeno è molto più complesso. E pericoloso. Però volete farmi credere che questi ragazzi erano parte dei cosiddetti “indignati”? Volete dirmi che la loro partecipazione alla manifestazione è partita da una loro precisa volontà? O forse, visto il livello intellettuale, culturale, morale di questi personaggi, la loro volontà è stata abilmente manipolata da qualcuno che aveva tutto l’interesse a far sì che a Roma ci scappasse il morto? Er Pelliccia non lo sa, e per certo non lo sapremo mai nemmeno noi. Ma il sospetto resta forte. E la certezza è che i violenti di Roma tutto erano tranne che indignati.
Luca Craia