Finora non ricordiamo nessun passo falso del regista americano Alexander Payne. I suoi film, con la loro cifra indistinguibile, in perenne equilibrio tra ironia, dramma e malinconia, non ci hanno mai tradito e ci hanno sempre toccato il cuore. Da Election fino ad About Schmidt, da Sideways a Paradiso Amaro, Payne non ha mai sbagliato un colpo, ricevendo anche molte nomination agli Oscar e una statuetta.
Nebraska, presentato in concorso a Cannes 66, prosegue la sua “indagine umana” dell’America contemporanea. Un’America, quella rappresentata in questo film, incapace di costruirsi un proprio futuro e di riscoprire i valori sociali del passato. Un paese rassegnato, rappresentato dal personaggio di Woody, un anziano del Montana che ogni giorno fugge da casa sua per raggiungere a piedi una città del Nebraska dove – ne è convinto – potrà ritirare un premio di un milione di dollari. In realtà si tratta di uno di quei concorsi fittizi che illudono molte persone non attente delle comunicazioni ricevute per posta. La famiglia lo sa e non riesce più a sostenere il crescere dei problemi mentali di Woody. Così uno dei due figli decide di accompagnare il padre in Nebraska, cosciente dell’inutilità del viaggio. Ma sulla strada, a causa di un incidente, i due devono necessariamente fermarsi nel piccolo paese dove Woody è nato e cresciuto. E il passato, con le sue disillusioni e suoi rimpianti, tornerà a galla piano piano.
Reso con un bellissimo bianco e nero, il film di Alexander Payne scorre sullo schermo con estrema leggerezza, cadenzato da momenti di puro divertimento e da altri in cui la tristezza e l’amarezza prendono il sopravvento. Tutti gli elementi sono però dosati alla perfezione dal regista che, nonostante metta in scena una sceneggiatura non sua (un’eccezione nella sua filmografia), tiene con mano ferma le redini del racconto non permettendo mai che il film scivoli nel melenso o nell’inutile comicità. Il viaggio on the road dei due protagonisti non si limita così a rimanere in superficie, a proporsi come la semplice storia di un rapporto familiare da ricostruire, ma diventa un’incursione profonda nel cuore dell’America, alla ricerca della propria dignità e delle proprie radici.
Eccezionale Bruce Dern nel ruolo di Woody. Se non vincerà la Palma, punterà sicuramente ad una nomination agli Oscar.
di Antonio Valrio Spera