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Fra italia(ni), cultura, istruzione e fanalini di coda: quanto da recuperare?

Creato il 06 aprile 2013 da Alessandro @AleTrasforini
Il rapporto fra cultura ed Italia(ni) è da sempre una questione molto ambigua e di mal (o mai?) affrontata risoluzione: secondo alcuni è pressochè inutile, in quanto "di cultura non si mangia", secondo altri è la bomba più importante (ma ancora non innescata) per cercare di salvare questo Paese da un precipizio senza fine. 
In Italia le componenti culturali sono larghissime ed estese più o meno a macchia d'olio: quanta cultura risiede nei meravigliosi paesaggi che caratterizzano questo stivale? 
Quanta cultura risiede nelle infinite città storiche e nelle infinite manifestazioni di arte pervenute fino a noi e (pur)troppo spesso lasciate marcire/morire? 
Quanta cultura risiede nel capitale umano formato da percorsi di studio ritenuti semplicemente "inutili" od "inadatti" ad un'economia che vede come preponderante una crescita basata sulle sempre medesime "voci"?
Moltissime altre domande sarebbe possibile porsi, ragionando attorno al termine "cultura": si ha l'impressione di vivere in un Paese nel quale ci sia da sempre un ospite positivo, discreto, silenzioso, ingombrante ed al tempo stesso ignorato. 
Quali forze potrebbe muovere in linea teorica la troppo generica voce "cultura", qualora diventasse tematica adeguatamente sollecitata? Ricerche e studi risalenti allo scorso anno hanno dimostrato quali potrebbero essere gli orizzonti migliori (o meno peggiori, a seconda dei punti di vista) per la dimensione culturale italiana. 
Ad oggi, infatti, l'esercito culturale italiano conta circa 470mila addetti; le prospettive di studi promulgati hanno definito la possibilità di poter arrivare a sfiorare il milione di addetti, per una generazione di introiti pari a circa 70 miliardi di Euro. 
Sono recenti altre statistiche tese ad indicare che, purtroppo, il rapporto fra Italia(ni) e cultura stia continuando a precipitare sopra quello stesso, tremendo e mortifero, piano inclinato. 
Stando ad un report diffuso da Eurostat avente indici comparati rispetto all'anno 2011, infatti, le spese per scuola e cultura vedono l'Italia come fanalino di coda dell'intera Unione Europea.
L'Italia, forte di un patrimonio culturale classificato dall'Unesco come maggiormente consistente fra tutti gli Stati del mondo, sembra destinare al settore cultura l'1,1% circa dell'intero PIL nazionale. 
Le statistiche medie europee attestano tale spesa, assumendo a riferimento l'intera Ue, su percentuali prossime al 2,2% del PIL. Quali orizzonti per un settore che viene così poco "irrorato" da risorse economiche?
Quali orizzonti destinare invece alla "fonte energetico-culturale" più importante per il futuro di uno Stato, costituita dal mondo scolastico e dall'istruzione? 
A questa domanda risponde una spesa pari all' 8,5% circa del PIL, a fronte di un 11% medio per l'intera Unione Europea. Quali prospettive riescono a (r)esistere di fronte a tale pochezza?
Può la fuga di cervelli e capitali umani formati essere la voce di risposta principale a domande simili a questa? A prescindere da qualsiasi domanda possibile, rimane un solo dato di fatto: l'Italia è fanalino di coda per cultura ed istruzione, assumendo a riferimento un continente percepito come a metà fra invecchiato ed imbalsamato. Quanto potenziale è stato, è e continuerà a venire bruciato dinanzi ad aspettative simili? 
Il bilancio piange, parimenti alle necessità di tagliare in anni di tremendo rigore: verso quale livello stanno precipitando gli indici di spesa pubblica, comprensivi dei tassi di interesse su un debito pubblico sempre più pesante da onorare per non fallire? Verso quali traguardi (negativi) vanno (ed andranno) direzionandosi gli indici di spesa in materia di sanità, protezione sociale o lotta contro l'emarginazione sociale?
Quali potrebbero essere soluzioni e provvedimenti concreti per cercare di sollecitare le corde giuste al fine di riabilitare l'intero apparato culturale? 
In un periodo dove protesta, proposta, populismo e pragmatismo sembrano mescolarsi indistintamente, può risultare molto complicato rispondere esaustivamente a questa domanda. 
Sarebbe possibile promuovere o valutare la fattibilità di alcune delle misure sinteticamente esposte nel seguito? "[...] incrementare il numero dei visitatori (tra gli altri suggerimenti: accordi con tour operator, miglioramento dei siti internet dei musei, creazione di eventi capaci di costituire un richiamo), ottimizzare l'offerta dei servizi aggiuntivi, diversificarne l'offerta sulla base della clientela (ragazzi, famiglie, studiosi, corporate), ripensare gli spazi destinati alle strutture di accoglienza, così da migliorarne l'attrattività.Inoltre, estendere l'uso del marchio di un sito culturale a una più ampia gamma di categorie merceologiche, oppure cederlo in licenza (come fa il Louvre, dove la valorizzazione del brand rappresenta il 37% delle entrate complessive) e, non ultimo, definire strategie più efficaci per attrarre fondi.[...]"
(Fonte: ilsole24ore.com)
Fino ad allora, sempre e solo fanalini di coda?
FRA ITALIA(NI), CULTURA, ISTRUZIONE E FANALINI DI CODA: QUANTO DA RECUPERARE? Per saperne di più: 
"Italia fanalino di coda - spesa scuola e cultura", ansa.it
(http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/economia/2013/04/06/Italia-fanalino-coda-spesa-scuola-cultura_8509621.html)
"L'Italia all'ultimo posto nella UE per la spesa in cultura e scuola", repubblica.it
(http://www.repubblica.it/economia/2013/04/06/news/eurostat_cultura_scuola-56061671/)
"Con il cultura il PIL aumenta", ilsole24.com
(http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2012-04-04/cultura-aumenta-064054.shtml?uuid=Ab7lrjIF)
"Panoramica sul turismo culturale", ontit.it(http://www.ontit.it/opencms/opencms/ont/it/focus/focus/Seminario_Il_valore_del_patrimonio_culturale_idee_a_confronto)

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