L’infedele di Gad Lerner propone una puntata che analizza il braccio di ferro che sta interessando la Francia e l’Italia, una controversia politica e economica dentro un grande movimento euromediterraneo, quella che si sta consumando fra la destra al governo in Italia e la destra al governo in Francia. Ma rivela drammaticamente i limiti di una politica estera incapace di visione strategica quando deve fronteggiare cambiamenti epocali, infatti tra i Paesi che partecipano al vertice decisionale con gli Stati Uniti, manca l’Italia. Un fatto che brucia e infastidisce al punto che Frattini si è provato a spiegare che la videoconferenza quadripartita “non sta decidendo niente”, e che comunque “l’Italia non sente la sindrome dell’esclusione”.
Resta il fatto che l’Italia è stata tagliata fuori dalla cabina di regia sulla crisi libica. Il presidente americano Obama, quello francese Sarkozy, il premier britannico Cameron e la cancelliera tedesca Merkel (che appaiono sempre più saldamente al comando della gestione politica della crisi) si sono incontrati in videoconferenza per discutere quale indirizzo dare alle operazioni contro il regime libico e c
apire quali possono essere le soluzioni alla vigilia della conferenza della coalizione che si terrà a Londra. Una posizione comune sulla necessità di trovare una via di uscita politica dal conflitto, Berlusconi non è stato invitato a partecipare all’incontro. Una conferma che l’Italia non è considerato un interlocutore credibile per gestire l’uscita di scena del suo ex alleato di Tripoli.La Germania ha assunto una posizione più cauta e riluttante nei confronti del conflitto libico perché è alle prese con problematiche interne gravi legate alla gestione del nucleare e non vuole urtare Sarkozy, ora che il comando militare è passato completamente nelle mani della Nato intenzionato ad attuare una azione “di supporto”. L’Italia invece non ha perso questa occasione ghiottissima legata la petrolio e al gas. Un’ulteriore conferma che a muovere le nostre decisioni è il cinismo, facendoci vergognare di esse
re rappresentati dai vari Bossi e Berlusconi che dapprima hanno definito “capolavoro politico” l’accordo con la Libia per passare a bombardare l’amico dittatore subito dopo, confermando una delle nostre doti più caratteristiche: la capacità di fare i peggiori voltafaccia a cuor sereno e adducendo le motivazioni più false. L’Italia pur non essendo protagonista, ora è a ruota degli altri paesi, non può più tirarsi indietro, teme che Francia e America ci sostituiscano nello sfruttamento commerciale del paese e opportunistaicamente pensa che da tutta quasta facenda gli derivino più guai che pregi.Affinché l’infelicità araba, bagnata dal sangue, che cerca la libertà non offra l’opportunità ad altri paesi di approfittare della situazione o che le donne che hanno coraggiosamente partecipato non vengano torturate, violentate e ricondotte all’interno della abitazioni, diventa necessaria l’attenzione mondiale verso i diritti umani anche degli arabi. Ancora non sappiamo davvero quale esito avranno le rivolte arabe, ma una cosa è certa: è in corso una discussione sulla democrazia e ora non dobbiamo più restare indifferenti. L’emergenza deve alimentarsi anche in futuro perché la democrazia è un processo lungo che si propone lentamente, servono anche le infrastrutture democratiche, Costituzioni che garantiscano le minoranze, netta separazione dei poteri. Una soluzione duratura può essere solo politica e decisa dal popolo libico, non basta andare in piazza per mettere in moto la democrazia islamica. Ci vorrà molto tempo.