Centrale nucleare
Arrivano rassicurazioni importanti da parte dell’Oms e dell’Unscear. Secondo due recenti studi condotti dalla Commissione Scientifica delle Nazioni Unite per gli Effetti della Radiazione Atomica (Unscear) e dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), infatti, “saranno pochi i giapponesi ad ammalarsi di cancro in seguito al disastro nucleare di Fukushima“. E chi si ammalerà “non saprà mai con certezza se la malattia è stata causata o meno dall’incidente“. Gli studi, che riguardano le dosi di radiazioni a cui sono stati esposti gli abitanti dell’area intorno alla centrale di Fukushima e gli operai che lavoravano nella centrale nucleare, sono stati analizzati in anteprima dalla rivista Nature e saranno completati entro la fine dell’anno. Lo studio dell’Unscear si è concentrato in modo particolare sugli operai ed i tecnici della centrale, che dopo il disastro hanno dovuto lavorare per cercare di stabilizzare la situazione. Sono state analizzate le analisi cliniche di più di 20.000 operai. Circa 167 persone sono state esposte a dosi superiori ai 100 mSv, livello che mette a rischio di sviluppare una forma tumorale. Su 6 lavoratori l’esposizione ha superato i 250 mSv, limite di esposizione consentito dalla legge per chi opera in questo settore. Ma il collegamento tra le radiazioni e le eventuali malattie future non potrà essere dimostrato, in quanto il numero di persone esposte è troppo basso. Ma gli esperti ritengono che il disastro di Fukushima non causerà un aumento significativo di tumori alla tiroide o leucemie. L’Organizzazione Mondiale per la Sanità ha analizzato invece gli effetti delle radiazioni sulla popolazione, circa 140.000 persone residenti nel raggio di 20 chilometri dalla centrale. E per queste persone il rischio è ancora più basso. Non ci sono analisi dettagliate sulle radiazioni al momento dell’incidente e per questo i ricercatori hanno “stimato statisticamente l’esposizione dovuta a inalazione“. E la maggior parte della popolazione sarebbe entrata in contatto con una dose radioattiva inferiore ai 10 mSv. Gli abitanti della città di Namie e del villaggio Iiate, evacuate non tempestivamente, sarebbero stati esposti fino a 10/50 mSv. Sono stati raccolti i dati medici di 1080 bambini, in base ai quali risulta che “nessuno ha ricevuto una dose maggiore a 50 mSv“. Le due ricerche dovrebbero servire a tranquillizzare la popolazione e a restaurare un rapporto di fiducia tra la popolazione e le istituzioni. Ma non tutti sono d’accordo con i primi risultati delle ricerche, che, comunque, si concluderanno a fine anno. Come ad esempio Tatsuhiko Kodama, direttore del Centro Radioisotopi dell’Università di Tokyo, che ha dichiarato: “Penso che le organizzazioni internazionali debbano smetterla di trarre conclusioni affrettate basandosi su visite occasionali in Giappone, che non permettono di capire cosa accade realmente a livello locale”. (Fonte: Galileonet.it)