Un ex Br mai pentito e un agricoltore, entrambi in carcere; un documento che a quanto se ne sa è l'ultima risoluzione elaborata da quella che si definisce «Direzione Strategica» del partito armato; armi, munizioni e anche un foglio con la descrizione di una pistola 'Tokarev', nascosti in garage a 15 chilometri da Genova; strani incontri avvenuti nel capoluogo ligure secondo il «metodo brigatista»: sempre in luoghi pubblici e all'aperto, con teniche di 'spedinamentò e appuntamenti fissi per il recupero degli incontri mancati.
Al momento quello che ha portato gli inquirenti che indagano sul ferimento di Roberto Adinolfi a perquisire le celle di alcuni ex brigatisti, è soltanto un filo. Una serie di elementi che convergono verso una certa direzione e che, però, devono ancora trovare riscontri oggettivi.
La pista che gli investigatori stanno seguendo parte da un punto che, al momento, viene ritenuto 'solidò: chi ha colpito l'Ad dell'Ansaldo Nucleare, l'ha fatto con una «tecnica brigatista».
Dunque anche in quell'ambiente bisogna cercare, pur senza tralasciare ogni altra possibile ipotesi, come ha ribadito anche ieri il ministro dell'Interno Anna Maria Cancellieri. E andando a ripescare negli archivi vecchie - e nuove - informative, viene fuori una storia quantomeno suggestiva. Che merita, questo è il ragionamento di chi indaga, di essere approfondita. Almeno per vedere dove porta.
La storia parte l'11 giugno del 2009, quando la Digos di Roma - dopo un'inchiesta durata tre anni - arresta 6 soggetti e li accusa di voler ricostruire le Brigate Rosse. Secondo la polizia, volevano realizzare un attentato durante il G8 che si sarebbe dovuto tenere a La Maddalena (poi spostato a L'Aquila).
Il leader dell'organizzazione, secondo la Digos, è Luigi Fallico, ex Br che morirà in carcere due anni dopo l'arresto. Assieme a lui vengono arrestati due genovesi: si tratta di Gianfranco Toja e Massimo Riccardo Porcile. Il primo è una vecchia conoscenza della polizia politica: era infatti 'l'armierè della colonna genovese delle Br (le armi le teneva in un box di via Montallegro e per questo è stato condannato a sette anni) e prima del suo arresto era tenuto sotto controllo per aver tentato di far proselitismo presso il centro documentazione 'Borgo Rossò di Genova, chiuso nel 2008. Mai pentito, le sue posizioni sono sempre state chiare.
«Nel 2004 - scrive il Gip di Roma Maurizio Caivano nell'ordinanza d'arresto - insieme con altri tre soggetti, depone una lapide in marmo per Galesi nel cimitero di Trespiano». Zoja, secondo le indagini, ha tra l'altro mantenuto negli anni rapporti con ex br genovesi, alcuni dei quali sono attualmente fuori dal carcere. Porcile, invece, è incensurato. Ma quando lo vanno ad arrestare gli investigatori scoprono un vero e proprio 'tesorò.
Nel suo garage in località Sussisa, a Sori, levante di Genova, trovano un arsenale: due fucili mitragliatori Aran di fabbricazione croata e relative munizioni, una Beretta 7.65, una pistola calibro 6.35, 500 cartucce da caccia, detonatori, micce, una bomba a mano Breda. Tutte le armi hanno la matricola abrasa. E trovano anche, è scritto nel verbale di sequestro, «un foglio A4 scritto su ambo i lati recante descrizione con immagini di una pistola 'Tula Tokarev Tt30 e Tt33».
La stessa arma che, si ipotizza, è stata usata per gambizzare Adinolfi. Ma non solo. Nel garage gli agenti recuperano «in duplice copia» un documento, la «Risoluzione della Direzione strategica dell'organizzazione» Brigate Rosse. Nelle 4 pagine, che gli inquirenti attribuiscono al gruppo di Fallico, gli estensori sostengono tra l'altro che «è in atto nel paese quel processo di ricostruzione delle forze rivoluzionarie...che si ripropone come passaggio necessario, naturale, fisiologico per costruire le condizioni per un nuovo attacco, una nuova offensiva» che «vede come aspetto centrale la lotta armata».
«Assumendo il nome di Brigate Rosse - conclude la risoluzione - rivendichiamo la continuità con 30 di storia dell'organizzazione».
Al termine del processo di primo grado, Zoja è stato condannato a 8 anni e 6 mesi mentre Porcile a 7 anni e 6 mesi: gli viene contestato il fallito attentato alla caserma 'Vannuccì di Livorno del settembre 2006, rivendicato da 'Per il comunismo Brigate Rossè.
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