Oggi pomeriggio, sfidando, lo ammetto, un qual certo ridicolo, ho visitato la pagina fb di Claudio… pardon… Fabrizio Cicchitto. Poco dopo la sentenza del Tribunale di Milano che condannava l’imputato Berlusconi Silvio a quattro anni di carcere per frode fiscale (tre condonati per indulto), interdizione dai pubblici uffici per cinque anni, interdizione dagli uffici direttivi delle imprese per tre anni e al risarcimento di 10.000.000 di euro all’Agenzia delle Entrate, ero ovviamente curioso di leggere la presa di posizione di uno dei massimi rappresentanti del suo (fortunatamente quasi defunto) partito. E la mia curiosità è stata senz’altro appagata come meglio difficilmente si sarebbe potuto:
Non si tratta di una sentenza ma di un tentativo di omicidio politico visti non solo la condanna penale ma anche l’interdizione di tre anni dai pubblici uffici. Purtroppo non da oggi diciamo che è in atto un uso politico della giustizia, in primo luogo contro Berlusconi. Una situazione del tutto insostenibile anche per ciò che riguarda la normalità della lotta politica nel nostro Paese. Ci auguriamo che negli altri gradi di giudizio venga sancita l’innocenza di Berlusconi. Anche alla luce di ciò che sta avvenendo è indispensabile mantenere i tre gradi di giudizio. Esprimiamo al Presidente Berlusconi la solidarietà di tutti i deputati del gruppo Pdl.
La mia curiosità però non si è fermata qui. Ho cominciato così a gironzolare (ovviamente sempre in rete) per godermi le reazioni non dei politici, di quelli insomma che con Berlusconi hanno condiviso interessi anche di tipo economico (molti dei politici del Pdl erano e sono sul suo libro paga, per non parlare di chi fa letteralmente vita da “mantenuto” o “mantenuta”, grazie a lui, e senza la sua tutela tornerà nel nulla dal quale proviene), ma della cosiddetta gente comune, e più precisamente dei resti del “popolo azzurro” che in fondo era e rimane il principale responsabile del fiorire di quell’organismo tumorale che per quasi vent’anni ha reso l’Italia un Paese infinitamente peggiore di quello che era prima (impresa davvero considerevole, visto che il punto di partenza era decisamente basso). Bene, qual è il tenore dei commenti di questi ultimi berlusconiani di ferro, di questi irriducibili stolti? Che la sentenza era “già scritta”, che non c’era neppure bisogno di ascoltarla, visto che l’esito processuale non è che l’esito di una persecuzione ideologica basata sulle tre virtù poco cardinali dell’invidia, dell’astio e della cattiveria. Non si tratta, a ben vedere, di un’interpretazione peregrina. Effettivamente questa sentenza non sorprende chi ha seguito le aberranti vicende berlusconiane e i suoi risvolti inevitabilmente giudiziari. Purtroppo però non è vero che una tale sentenza fosse stata effettivamente “già scritta”. Anzi, per scriverla, quella sentenza, abbiamo dovuto aspettare tanto, tantissimo, fin troppo tempo. Talmente tanto che adesso il cosiddetto “omicidio politico”, come dice Cicchitto, avviene ai danni di un fantasma ormai di tanto in tanto riapparente per annunciare solo la sua sparizione (e qui propongo, in parziale contrappunto, la brillante ermeneutica del “passo indietro” che certo casualmente ha preceduto la sentenza datane da Malvino). Tutt’altro che “già scritto”, dunque, quanto oggi avvenuto, ma semmai “appena scritto” e ci auguriamo sempre di nuovo “da scrivere” (innanzitutto fino al terzo grado di giudizio), affinché a nessuno venga in mente, in un futuro più o meno lontano, di leggere in questa squallida vicenda qualcosa di diverso da come si è cominciato finalmente a scrivere.