Dopo solo un paio di partite del Mondiale in Turchia è sicuramente presto per esprimere giudizi compiuti, ma si possono determinare delle tendenze. Una di queste vede un cospicuo numero di giocatori di differenti nazionali, tutti accomunati dalla militanza in NBA, emergere con prepotenza nelle proprie squadre.
La conseguente domanda è: come sia possibile che un giocatore che in NBA è un comprimario se non addirittura un panchinaro (come sono quasi tutti i non americani in NBA), stia portando la sua squadra alla vittoria e che sia assolutamente fondamentale in questo Mondiale?
Come al solito bisogna considerare le diverse situazioni.
Ormai molte squadre nazionali hanno giocatori che giocano in NBA: anzi tra questo nutrito gruppo, i più forti sono assenti più o meno giustificati (vedi Gasol, Parker e Nowitzki per limitarsi a Spagna, Francia e Germania).
Tra quelli presenti sono comunque individuabili giocatori d’impatto sia numerico che di personalità (vedi Turkoglu, Barbosa, Scola, Splitter, Fernandez, Diaw ecc.).
È abbastanza naturale che in una squadra di medio livello il giocatore di riferimento diventi automaticamente “l’americano”, come succede anche in Italia con Bargnani e Belinelli. Questo non significa necessariamente che in NBA non venga adeguatamente utilizzato ma semplicemente che in ogni squadra si valutino il talento e la tecnica a disposizione e si cerchi di trarne il massimo.
Ecco quindi che Luis Scola, che nei Rockets non è certo il giocatore franchigia nonostante il suo peso specifico continui ad aumentare, con oltre 27 punti a partita, è sicuramente il leader dell’Argentina in questo Mondiale, soprattutto per l’assenza di Ginobili e Nocioni.
Così come Tiago Splitter, che da quest’anno giocherà per i San Antonio Spurs ma dubito diventerà il nuovo Duncan, e che ieri sera ha fatto dannare Odom, Chandler e chiunque abbia provato a difendere su di lui con il suo Brasile.
Ma ancora, la situazione di Kleiza è addirittura paradossale: arrivato in NBA con i Nuggets, dopo un paio di buone stagioni in cui era diventato il sesto uomo della squadra ha scelto di tornare in Europa, per cercare di vincere qualcosa all’Olympiacos (ma soprattutto per i bei euro che gli venivano accreditati nel conto); ora, dopo un bel po’ di delusioni è tornato negli States, anzi in Canada, con i Toronto Raptors, dopo che i Nuggets hanno deciso di non pareggiare l’offerta presentata dalla franchigia canadese. In coppia con Bargnani riuscirà a portare in alto Toronto? Intanto lo sta facendo con la Lituania, visti i 22.5 punti e 9 rimbalzi di media messi a referto finora.
In sostanza, tutte le competizioni FIBA e l’NBA sono fondamentalmente differenti per molti aspetti, tra cui anche il modo di interpretare le partite e di scegliere i giocatori: per intenderci i giocatori della nazionale sono scelti tra un limitato numero di talenti disponibili a differenza delle squadre professionistiche.
Non penso che Carlisle inizierà a mettere Ian Mahinmi titolare nei Mavericks al posto di Nowitzki, anche se il francese sta giocando bene in queste prime partite.
Allo stesso tempo, il Mondiale è un’importante passerella per dimostrare i propri miglioramenti o per farsi conoscere da un pubblico più ampio; ad esempio, Goran Dragic sta mantenendo le promesse fatte verso il finale di stagione ai Suns. Sicuramente provare di saper gestire la pressione anche in queste competizioni, aumenta la credibilità in NBA, non una cosa facile da ottenere.
Quindi la verità sta come al solito nel mezzo tra il livello del Mondiale, certamente inferiore a quello NBA per talento puro, e la possibilità indubbia di migliorare durante il Mondiale stesso e di dimostrarlo.