Non prendete impegni per il primo maggio di quest’anno: nel piccolo Stato del Vaticano verrà celebrata la beatificazione di Papa Giovanni Paolo II, al secolo Karol Wojtyla. Le ultimissime da Roma ci informano che la partecipazione sarà aperta a tutti i fedeli: non saranno dunque necessari biglietti di invito (come invece vorrebbe la regola vaticana) per partecipare a questo grande appuntamento, una gioiosa celebrazione per la cristianità tutta. Sono attese decine di migliaia di pellegrini.
Figura particolarmente controversa, ci piace ricordare Wojtyla per i suoi numerosi viaggi (più di 100 in tutto il mondo, a spese dei contribuenti italiani), nei quali ebbe modo di incontrare le personalità più disparate; nella foto in alto, lo vediamo conversare amabilmente in compagnia di Augusto Pinochet, esponente cileno di quelle dittature fasciste che tanto piacquero al Vaticano nel secolo passato, sulla cui coscienza gravano le vite di più di 3000 dissidenti. Stando al comportamento operato dalle sue milizie nel paese, la morte era forse il male minore per chi correva il rischio di imbattervisi.
Altra peculiarità di Wojtyla fu la beatificazione di 1338 persone e la canonizzazione di 482, numeri che assumono un’importanza rilevante se paragonati ai soli 300 santi ordinati dai suoi predecessori dal 1600. Il messaggio è chiaro: infondere nuova linfa a un culto che ne ha un disperato bisogno, mostrando ai fedeli che Dio non si è dimenticato di loro, e che esistono nel mondo persone che con la loro vita testimoniano tutto ciò. Peccato che nella fretta di santificare tutto il santificabile gli sia sfuggito qualche nome altrettanto controverso. Ci limitiamo a citare Alojzije Stepinac, nome sconosciuto ai più, arcivescovo di Zagabria nel periodo della dittatura ustascia di Ante Pavelic. Il cattolicissimo Pavelic godette dell’appoggio di Stepinac e del Vaticano nella sua opera di pulizia etnica, che mirava a fare della Croazia il secondo stato popolato soltanto da ferventi cattolici. Consiglio letture e approfondimenti, la storia merita, ma non è adatta ai deboli di cuore o a quanti credano al Pio XII descritto dalle serie tv. Una beatificazione toccò anche a Madre Teresa di Calcutta, tra le “infermiere” più sadiche dei nostri tempi (anche qui consiglio la lettura del libro “La posizione della missionaria” di Christopher Hitchens); a chi non crede alle storie sulle donazioni a suo nome scomparse, sulla totale mancanza di igiene delle sue strutture (salvo poi farsi ricoverare in costose cliniche occidentali) o alla sua visione malata dell’amore e del cristianesimo, basti ricordare che essa difese strenuamente uomini del calibro di Francois Duvalier (più di 30000 persone uccise) ed Enver Hoxha (che si limitò a 5000 uccisioni), solo perché avevano donato ingenti somme di denaro (non loro) al suo movimento. Beato fu anche Padre Pio da Pietrelcina, anche se mi rendo conto che ciascuno di questi “santi” reclamerebbe una pagina per sé, nella quale descrivere dettagliatamente tutti i loro lati meno pii. Basti ricordarne il denominatore comune: persone ritenute sante da una maggioranza di persone povere e di scarsa cultura, visti con più sospetto (e nei migliori casi con meno fervore) dai ceti un po’ più istruiti.
Meritano menzione anche le idee che propugnò durante il suo pontificato. Aborto, fecondazione artificiale, clonazione (eh vabbé…), eutanasia, unioni civili e matrimoni omosessuali rientravano nella categoria da lui denominata come “cultura della morte”. E questo si commenta da solo. Fu fermamente contrario anche all’ordinazione femminile. Al contrario di quanto ha fatto (o è stato costretto a fare) il suo successore, ha assolto alcuni preti pedofili. In molti gli rinfacciano anche di aver incentivato indirettamente la diffusione dell’AIDS nei paesi poveri (Africa in primis) proibendo ai fedeli l’utilizzo di un preservativo che pure avrebbe potuto salvare molte vite. A chi si interessa di economia ricordiamo che difese a spada tratta il Cardinal Marcinkus durante il crack del Banco Ambrosiano. La lista potrebbe continuare, ma oggi lo si preferisce ricordare come un papa moderno e liberale, che amava ed era amato dai giovani (in senso platonico eh?).
In molti lo preferiscono al ben più innocuo Ratzinger, personaggio dal carisma certo meno forte, ma dalle idee meno dannose, e certamente dotato di quel tanto di sanità mentale da evitare di auto-flagellarsi, cosa che invece Wojtyla, non contento del suo stato di salute, faceva con regolarità. Almeno è quanto riportano come ulteriore prova di santità (su giornali e libri cattolici) alcune suore che ne accudivano l’appartamento; una di esse racconta di aver udito, di notte, i colpi di flagello, in quella romantica cornice che è Castel Gandolfo.
Non è questo che udiremo nei ricordi e nelle commemorazioni del prossimo primo maggio; verrà celebrata piuttosto la figura del papa innovatore, quello che per primo riconobbe i peccati della sua Chiesa, e chiese perdono al mondo per la persecuzione di Galilei (31 ottobre 1992 -ma di Giordano Bruno nemmeno una parola), per il ruolo avuto nei roghi e nelle guerre di religione che seguirono la riforma protestante (maggio 1995), per i peccati commessi in occasione della quarta crociata (4 marzo 2001 -la crociata in questione mosse i cattolici spinti da Venezia contro Costantinopoli, e di questo si scusò il papa; non ci fu menzione alcuna delle precedenti, o richieste di perdono ai musulmani) o ancora per gli abusi commessi dai missionari del passato (sic!) contro le popolazioni indigene del Pacifico meridionale. Tutti reati minori, insomma, caduti in prescrizione da secoli, e con i quali da secoli conviviamo. Colpe alle quali ci siamo abituati, che non scandalizzano più di tanto, il cui impatto è stato assorbito dalla storia: nessuna parola sui crimini più recenti.
Il prossimo primo maggio sarà un dovere dello storico, del non credente e del credente che ami la verità ricordare anche questi lati della figura del beato Giovanni Paolo II. Per alcuni un brav’uomo, ma di certo non un santo.