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Il motivo per il quale il New York Times ha deciso di investire Giorgio Napolitano del titolo reale non risiede certo nella ben nota somiglianza dell'attuale presidente della repubblica con l'ex Re Umberto II di Savoia, che in passato fece nascere voci, infondate, di una nascita dell'ex dirigente migliorista del Pci frutto di una relazione sconveniente del principe sabaudo.
Piuttosto la nomina del nuovo Re esprime la soddisfazione dei potenti dall'altra parte dell'Oceano di come si sta evolvendo la crisi finanziaria dell'Italia e della comunità europea tutta, con l'indebolimento della moneta unica e la futura necessità dei paesi di intervenire sui propri debiti, diventando meno competitivi degli americani sui mercati internazionali e a svendere, come sicuramente sarà fatto in Italia, interi pezzi del proprio patrimonio industriale.
Va da se che sono stati gli americani a sancire ufficialmente il passaggio istituzionale che ha portato la nostra repubblica all'essere un regime presidenziale, cosa che solo chi è veramente poco accorto non si sarebbe avveduto.
La cosa più triste e vedere che la politica italiana, a distanza ormai di 70 anni dalla fine della seconda guerra mondiale (che l'Italia perse, tanto per ricordarlo ai sognatori dell'auto liberazione dal nazi-fascismo) è ancora pesantemente eterodiretta e che cloro che si prestano ad agire per conto delle potenze straniere sono sempre gli stessi che, nel corso di questi 70 anni, si sono prodigati a seguire la linea, purché fosse dettata da un potere forte; ieri quello politico e militare di Stalin, oggi quello economico e finanziario di Wall Street.
Inutile sperare che la stampa faccia il suo dovere e apra gli occhi agli italiani su quando accade e magari facendo evitare il "sacrificio" di Finmeccanica, l'industria italiana leader mondiale nel campo degli armamenti, ormai individuata come la prima vittima delle "privatizzazioni", continuazione di quelle iniziate durante l'epoca Prodi.
La stampa italiana non è indipendente e non solo i giornalisti sono legati agli editori dei loro giornali (banche e finanzieri) ma spesso e volentieri sono pure sovvenzionati da stati stranieri, come abbiamo visto rivelato non solo dal dossier Mitrokhin (che tutti sapevano che i sovietici avevano a stipendio molte personalità italiane) ma pure con le rivelazioni del MI5 britannico.
L'unica cosa che ci può consolare è, a questo punto, è l'inesorabile scorrere del tempo, che prima o poi porterà anche sul colle più alto di Roma qualcuno nato dopo la fine della seconda guerra mondiale.
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