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Globalizzazione e nazionalismo non vanno d’accordo

Creato il 07 settembre 2014 da Libera E Forte @liberaeforte

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di Giovanni Palladino

Nel lontano 1928 don Luigi Sturzo fu forse il primo a parlare di globalizzazione (il termine da lui usato fu “internazionalizzazione” dell’economia mondiale) e a ritenerla inevitabile e necessaria per giungere un giorno a un obiettivo evangelico di pace fra tutti i paesi: “UT UNUM SINT”.

Il fatto straordinario, che conferma le sue grandi capacità profetiche, è che nel 1928 nel mondo si stavano ricreando le condizioni per un’altra guerra mondiale, perché sotto la cenere della pace si stava rinfocolando la “belva” del nazionalismo, fenomeno che con la globalizzazione non poteva e non può andare d’accordo. Eppure egli scrisse che “la internazionalizzazione dell’economia sarebbe stata un giorno inarrestabile, come inarrestabili sono le acque di un fiume nel percorso dalla sua fonte verso il mare”. Il sacerdote di Caltagirone guardava lontano e riteneva naturale che prima o poi la razionalità del motto latino posto dal 16° secolo in bella vista all’ingresso del porto di Amsterdam (“COMMERCIUM ET PAX”) sarebbe prevalsa a livello mondiale. Purché – sottolineava don Sturzo – gli uomini della politica e dell’economia fossero stati capaci di ben gestire quel complesso fenomeno, “così come le acque di un fiume devono essere ben gestite e regolate, se non si vuole che una energia positiva si trasformi in un danno per il territorio”.

Oggi la globalizzazione ha pochi decenni di vita e non si può dire che sia stata ben gestita, ma cedere al suo grande oppositore (il nazionalismo) vorrebbe dire cadere dalla padella nella brace. È l’errore che sta commettendo Putin. Mai come oggi la Russia, la Cina e il resto del mondo in via di sviluppo hanno una grande bisogno della collaborazione (e di vivere in pace!) con il mondo sviluppato. Purtroppo non siamo stati capaci di far capire a quei paesi quanto siano state importanti le nostre conoscenze tecniche e finanziarie per l’inizio del loro decollo. Ma abbiamo anche commesso l’errore di esportare le nostre “tecniche” corruttive e puramente consumistiche, nonché di tollerare che si radicassero ai vertici tra i potenti e nella loro corte (sembra che Putin sia oggi tra gli uomini più ricchi del mondo…). È una tolleranza che sta creando – all’Est e all’Ovest – pericolosi fenomeni di contestazione e di rigetto del fenomeno della globalizzazione, che da positivo minaccia di diventare negativo per tutti.

La soluzione è una sola: la buona gestione, che parte non solo dalla competenza, ma anche dalla moralizzazione dei comportamenti di chi comanda.


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