C’è quiete stasera
Se avessi saputo rincorrere le policromie della vita
avrei le mani zeppe di vento e aromi.
Ora so dirti che è gran quiete stasera nell’ascolto
delle gocce,
nella sconfinata distesa del mare,
sulla tua fronte che avverte
che stasera è gran quiete nel sentirsi
granello sperduto
che perdona la sua vita.
Adesso che il finire di quest’anno è solo ricorrenza
d’un tempo incompiuto,
mi consola la quiete tersa di stasera
nel rimandare il tempo del perdono,
la luce incerta che si accartoccia nello sguardo,
mentre avverto
come insopportabile la pienezza
sgomenta di te.
Ma ho perso il conto dei giorni
***
Raccontami come vuoi
Raccontami come vuoi la nostra storia
Che io mi addormenti dolcemente
E vada sulle spiagge d’Averno
In attesa del mio passaggio, che mi svegli
In una casa fiorita di arance rosse,
Che ci sia la via per il mio angelo
E che qualcuno guidi i suoi passi
Raccontami con quella tua voce morbida di allora,
Se incontrerò un sogno a Galata,
Mentre tu parti verso luoghi a te più cari
Raccontamelo adesso
Prima che il buio oscuri la luna,
Ora che non ho più parole né canti.
***
Per un attimo è stato così
Per un attimo è stato così,
amo a te
non gli altri me lo rivelano
ma io lo dico a me
senza che queste parole siano
la sola verità,
che è nell’amarti.
Sillabo le lettere,
come un risveglio, un nascere nuda
nuova,
per ripeterlo a me.
Me lo sussurrano le carte candide, il cielo,
le musiche dell’aria, che s’incontrano
aprendo
i misteri notturni
attraverso l’alba lucente.
Se mi vedo nello specchio
non ci sono io
ma un amare a te.
***
Avrai un giorno
Avrai un giorno forse l’ansia del successo
e la consolazione di un amore.
Avrai il coraggio di guardare avanti
e scoprire che ci sono ancora le stelle,
che le strade si separano e potrebbero non coincidere,
e le mie distese innevate saranno allora per te
ostili e freddi ghiacciai;
le mie nuvole solari
ti appariranno nembi carichi di grandine.
Avrai il tempo di capire, un giorno,
che ogni cosa ha una sua ragione,
che ogni amore ha una sua stagione
e che ogni espressione risponde ai perché della vita
senza motivo, talvolta senza sosta.
Un giorno avrai la forza di volare più in alto,
di perderti oltre il tempo,
di recidere il filo magico che ci lega
e di rompere il vetro che ti rende diafano
e impalpabile adesso, così freddo e riflesso e lontano.
Avrai il ricordo della luna a vegliare le tue notti:
***
A Tokyo intanto gli uomini correvano per le strade
avevano il volto segnato, il cuore inondato di sangue.
Ma quella radio suonava malinconica,
ed era già ricordo:
era il tuo compleanno, figlia
e vent’anni son pochi per pensare e vedere la morte.
Intanto lontano una madre semivestita
col suo bambino al collo,
e nessun dio s’interessò di lei.
Tu ballavi con quell’uomo strano ch’ero divenuto
un brivido nel ventre al suo accento francese.
E lontano un uomo steso in terra a Bengasi
immerso, diceva alla moglie che non sarebbe tornato.
Ma tacquero i razzi, quella notte.
C’era silenzio quella notte vicino al deserto,
e tu continuasti a esser giovane e bella, in quella
vecchia foto.
Perché splendevano le tue spalle come marmo caldo,
madre,
mentre gli aerei e fumo volavano senza pietà
tra Fukushima, Bengasi e Hiroshima.
[da Una notte, una voce. Canto minimo]