Oggi parliamo di simboli, nella loro accezione originaria, quella di segnale. I simboli “stanno a” significare qualcos’altro. Nell’antichità – ma anche nella modernità simbolista – trovare una chiave di lettura alternativa era all’ordine del giorno. Tanto che i pittori fiamminghi dotavano le loro rappresentazione non di due, bensì di quattro chiavi di lettura (letterale, allegorica, simbolica e metaforica). Cani, candele, specchi, civette e gufi, hanno da sempre arricchito le loro rappresentazioni di significati nascosti. L’immagine del gufo, ad esempio, è a sua volta portatrice di numerosi significati che variano a seconda della tradizione mitologica che si vuole considerare. Dalla tradizione indiana a quella aborigena, dai miti classici alle teorie rinascimentali, il barbagianni è portatore di misteriosi e oscuri significati.

Nella tradizione alchemica gli vengono riconosciute diverse facoltà: la visione notturna, la scaltrezza, la magia, la telepatia, così come la chiaroveggenza e la saggezza che ne discende. L’oscurità che porta luce e saggezza, altro non è che l’uomo di genio, malinconico, che “vede” nel buio.

Questo animale notturno - che non conosce il giorno – intuisce e presagisce la risoluzione di un problema. Richiama alla mente “l’uomo di genio” che è per natura malinconico. Il gufo – come il genio malinconico – simboleggia un intelletto acuto e intelligente, combinato a un’inclinazione triste. Esso viene invocato per scrutare il mondo attraverso gli occhi di un’altra persona, per la vista a distanza o per rintracciare gli oggetti perduti, per agire guidati dalla visione interiore, nonché ci si può a lui rivolgere nel momento del bisogno, per discernere con maggiore chiarezza nei momenti cupi e di difficoltà.
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