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Heat travolgenti: è partita la caccia al Three-Peat

Creato il 30 ottobre 2013 da Basketcaffe @basketcaffe

Nba. Opening Night. Miami Beach. American Airlines Arena. Consegna degli anelli. Il Re. The return. Parecchia, anzi molta di più, carne al fuoco per iniziare la regular season 2013-2014: tre partite, l’inizio morbido con gli Indiana Pacers che stendono gli Orlando Magic di Victor Oladipo con un grande George e la fiera delle stoppate (18, 7 di Hibbert), la chiusura con la sorpresa Lakers che battono i Clippers nel derby con un sontuoso Xavier Henry a fare il carneade (76-34 per il pino gialloviola), e in mezzo lo spettacolo di Miami-Chicago. Le attese purtroppo sono state deluse nonostante un inizio a ritmo folle, grandi difese e grande equilibrio, con un anche un paio di volate di Derrick Rose, al ritorno sul parquet in gara ufficiale dall’aprile 2012 (dimentichiamo la preseason…).

Deluse perchè a cavallo dei primi due quarti, con Jimmy Butler in panchina con problemi di falli, Rose e Noah a rifiatare (Derrick aveva già spadellato abbastanza…), i vecchi volponi in maglia Heat hanno scavato un grande solco, mai più chiuso. Le triple di Ray Allen (38 anni e non sentirli…), Shane Battier e Norris Cole, più i canestri di un silenzioso ma concreto Bosh hanno sventrato la difesa di Thibodeau: poi, col ritorno di Wade e LeBron (17 e 8 assist nel suo personale decennale in Nba) che ha piazzato un paio di assistenze pazzesche, è arrivato l’anticipato sipario sul match. I Tori sono stati ammutoliti anche perchè, nel momento del break, in campo c’erano Dunleavy che sparava a salve, Deng pure, Hinrich in totale confusione e il povero rookie Tony Snell che dopo due-tre spingardate, si è svegliato all’improvviso dal suo personale sogno Nba quando si è visto LeBron scivolare via sulla linea di fondo e segnargli in faccia, subendo pure il fallo.

Nella ripresa la musica non è quasi mai cambiata, o meglio, i Bulls si sono riavvicinati solo nel finale (fino a -8) grazie ad un immenso Boozer (31 punti) e a un Jimmy Butler con l’argento vivo addosso (20 con 6 su 12 e 5 recuperi). Ma soprattutto perchè ad un certo punto gli Heat hanno mollato il volante e si sono fermati a specchiarsi, cosa non tollerabile da un discepolo del duro Riley come Spoelstra. Derrick Rose non ha brillato, l’impatto con la regular season è stato difficile, nonostante qualche lampo degno del suo nome: ha chiuso con 12 punti (4 su 15 al tiro con 1 su 7 dall’arco) e 5 perse ma anche molto nervosismo.

Impressionante viceversa la prova dei Miami Heat, se vogliamo un passo in avanti rispetto alla passata stagione per come hanno ormai assimilato la presenza di Ray Allen e Chris Andersen, decisivi su entrambi i lati del campo per come e quanto si muovono e si fanno trovare dal radar del Re. Rinvigorito Chalmers, più aggressivo in difesa e più completo e convinto nell’attaccare il ferro. E poi LeBron, che non ha bisogno di essere ulteriormente magnificato. La pallacanestro degli Heat ha dimostrato comunque di essere obbligata a giocare tenendo sempre vivo il ‘flow’, il flusso, muovendo uomini e palla da destra a sinistra. Appena la palla ristagna per qualche decimo di troppo nelle mani di un singolo pezzo del quintetto, la musica cambia e soprattutto come una difesa come quella dei Bulls ecco che possono arrivare i problemi. Va detto poi che non sempre si tira col 52% dal campo e 11 su 20 da tre, fermo restando che a memoria non sono state molte le conclusioni forzate.

Inoltre, questa pallacanestro ’5 fuori’ con lunghi come Bosh e Battier che hanno tiro e allargano il campo, o come Andersen che si muove in continuazione e parte da fuori per andare a rimbalzo e ricevere gli scarichi, e piccoli (per modo di dire…) come Wade e James che attaccano dal post basso, non sembra in alcun modo difendibile. L’unica soluzione è fargliela pagare in difesa, come ha fatto Boozer: ma non è detto che basti. E’ solo l’opening night, la prima di 82 partite, più i playoffs e le Finals, ma quello che impressiona dei Miami Heat è che sembrano tutt’altro che appagati, anzi, hanno aggiunto uno step in più per raggiungere il Three-Peat, il terzo titolo consecutivo. E poi quelli in maglia bianco-rossa-arancio non avrebbero mai permesso ai Bulls, i loro più acerrimi rivali nella Eastern Conference, di farsi rovinare la festa, la consegna degli anelli e il sollevamento del banner del terzo titolo. E’ solo l’inizio… (meno male)


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