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La Chiesa cubana si schiera e spinge il governo alle riforme per fronteggiare la crisi. L’avvertimento a Raul Castro arriva dall’arcivescovo de L’Avana, Jaime Ortega. «Il nostro paese è in una situazione molto difficile, certamente la più difficile vissuta nel 21esimo secolo». E tutti nell’isola pensano che «siano necessari dei rapidi cambiamenti credo che questa sia un’opinione diffusa a livello nazionale ed i ritardi provocano impazienza e risentimento nella popolazione», sottolinea in un’intervista alla rivista della diocesi Palabra Nueva.
Per l’alto prelato «un dialogo tra Cuba e Stati Uniti è il necessario primo passo per rompere questo circolo vizioso». Ma poi ha criticato il presidente Barack Obama per aver adottato la stessa linea dura delle precedenti amministrazioni, chiedendo il cambiamento politico prima della revoca dell’embargo.
A nome della Chiesa, una delle poche voci indipendenti nell’isola, Ortega fa accenno alle «perenni difficoltà economiche di Cuba causate dalle limitazioni proprie del tipo di socialismo qui praticato», le quali, insieme all’embargo degli Stati Uniti e agli effetti della crisi economica internazionale, «disegnano un panorama oscuro».
Ortega critica senza mezzi termini le contro-manifestazioni organizzate da sostenitori del governo durante le dimostrazioni delle ‘Dame in bianco’, familiari di dissidenti arrestati nel 2003 che chiedono da allora la loro libertà: «Non è questo il momento di attizzare il fuoco. Sono penose» afferma Ortega.
Da sette anni le ‘Dame in Bianco’ assistono ogni domenica alla messa nella chiesa Santa Rita del quartiere Miramar all’Avana e poi marciano chiedendo la libertà dei propri familiari. Domenica scorsa, per la seconda settimana di seguito, la polizia ha impedito loro di manifestare. A marzo, nel settimo anniversario dell’arresto dei dissidenti, le “Damas de blanco” avevano inscenato marce per sette giorni all’uscita della messa, circondate da centinaia di sostenitori del governo che le insultavano.
La Chiesa, afferma Ortega, «ha fatto storicamente tutto il possibile affinché i detenuti politici siano liberati». Il cardinale chiede al dissidente Guillermo Farinas, in sciopero della fame dal 24 febbraio per ottenere la liberazione di una ventina di detenuti politici malati, di porre fine alla sua protesta.
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