Il mercato obbligazionario italiano è caratterizzato da un’attività molto intensa sulle emissioni di titoli di Stato e da una movimentazione contenuta, invece, per le obbligazioni private, o corporate bond. Diverse le motivazioni che hanno portato lo Stato a svolgere la parte del leone: affidabilità, liquidabilità e rendimento offerto. Ed è stato proprio il venire meno di quest’ultima motivazione, con il drastico calo dei rendimenti, a spingere gli investitori ad andare a cercare alternative più allettanti nei corporate bond, che, per poter attrarre i capitali, devono proporre condizioni più favorevoli agli investitori, attraverso un maggior rendimento. I corporate bond sono obbligazioni private, cioè emesse da una società. La legge distingue solamente due tipi di emittenti: le banche e le società industriali.
Si utilizza l’espressione “corporate bond” per distinguerli dai titoli di Stato, definiti
titoli “government”.
Abbiamo detto che i corporate bond offrono rendimenti maggiori rispetto ai titoli di Stato, e questo per compensare un rischio di credito maggiore. In pratica, acquistando un corporate bond, l’investitore si espone al rischio che la società o banca possano fallire, vedendo così volatilizzarsi i propri risparmi (vedi Cirio, Parmalat, Lehman Brothers). L’esperienza insegna che anche gli Stati non sono completamente immuni a certi rischi (vedi Argentina e Grecia). Inoltre i corporate bond, rispetto ai titoli di Stato sono meno liquidi sul mercato e, nel caso di vendita anticipata di un titolo corporate, si rischia di non riuscire a venderlo o di venderlo ad un prezzo molto inferiore a quello pagato e dopo molti giorni dalla richiesta.
La verità è che nessuno è in grado di garantire la sicurezza di un investimento che faccia riferimento ad una società. Il problema è che gli ivestitori cedono, come al solito, alla lusinga del rendimento, mettendo in secondo piano tutto il resto (seguendo anche i consigli sconsiderati di banche e promotori).
Come comportarsi?
Una corretta strategia di gestione di un portafoglio obbligazionario prevede che vi sia un’importante diversificazione degli emittenti. Dovrebbero essere presenti sia titoli di Stato (anche di Paesi dell’area euro), sia titoli collocati da singole società, attive soprattutto in settori “sicuri” come quello telefonico, dei servizi pubblici, dell’energia, automobilistico, bancario.
Se l’investitore è prudente, la maggior parte dei titoli dovrebbe essere, per il 70-80% del portafoglio, governativi. Se l’investitore è aggressivo, la quota delle obbligazioni societarie può arrivare anche al 50-60%. Oggi, in media, i corporate bond di qualità offrono 1-2 punti percentuali in più rispetto ai titoli di Stato.
Se si è alla ricerca di rendimenti più elevati è preferibile puntare sui corporate bond emessi da società del settore delle telecomunicazioni, automobilistico ed energetico. Se si ricerca maggior sicurezza, il settore finanziario offre maggiori garanzie, a scapito però del rendimento.
Ricordiamo infine che spesso le emissioni societarie prevedono un investimento minimo di 50mila euro, soglia che esclude i piccoli investitori.
In tutti i casi seguire i debiti accorgimenti.