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I corvi e la notte. Di Nadia Agustoni

Da Fabry2010

I corvi e la notte. Di Nadia Agustoni
(Uccelli sui rami)

I corvi e la notte.
Di Nadia Agustoni

Una vedetta non abbandona la postazione, nemmeno quando il vento sembra la voce dei morti. La gente mi conosce come un bambino speciale e sembra non pensarmi in altro modo, non immagina che io sono solo un bambino e rido e soffro senza sapere il perché. Infatti non tutte le volte noi sappiamo i perché. Non siamo come i libri: siamo pagine strappate via o ancora da scrivere. Sicché io sto sui tetti e penso, penso profondamente alla notte. Chi capisce la notte attraversa l’universo. Siamo così soli quaggiù che la notte ci nasconde e abbiamo posti dove le cose e la gente riposano. E’ allora, nel riparo, che si vedono i pensieri andare via da noi. Si staccano e fanno un giro di boa, perché somigliano a barchette di carta con righe e parole scritte dentro a caso.

Ero sul mio tetto preferito, mi sporgevo dalla grondaia per sentire cadere la pioggia, quando tutto a un tratto mi parve che la notte si facesse più buia. Era il buio freddo di certe notti, senza parole e uguale alla presenza dei corvi. I corvi, sappiatelo, sono uccelli neri, un po’ troppo distaccati da tutto. Sono anime senza pena, ma tutti pensano il contrario e dicono cose cattive sui corvi. I corvi invece sono buoni, ingoiano col becco i pensieri scuri quando passano veloci nella notte e ci liberano l’anima dalla tristezza. Succede però che i corvi digeriscono a fatica quei pensieri e noi li guardiamo e pensiamo: “sono uccelli tristi, di sfortuna.” Non è vero, ci aiutano in silenzio, fanno un lavoro grande come una diga. Capitò quindi, che mentre mi sporgevo dalla grondaia, la notte si mettesse a parlare con me. Bisogna capire che la notte parla pianissimo e io ci sento poco, ma mi disse che non era mai stata creata, c’era da sempre, veniva prima di tutto. Ci pensai su, sembravo perfino serio aggrottando i sopraccigli e il naso aveva urgenza di starnutire, ma lo pregai di attendere. “Certo” dissi alla notte,” ovvio tu sia il nostro prima, qualcosa deve ben esserci da cui si sia cominciato.” Pensandoci su bene trovavo tutto logico, ma chiesi perché ci tenesse a farmi sapere quelle cose. Mi rispose il corvo più vicino: “ Vedi, noi siamo le cose scure senza cui non c’è il mondo. Stiamo dietro la luce non come nemici, ma per aiutarvi a capire che solo uno sguardo più lontano, che arriva alle radici, tiene insieme ogni cosa”. Mi pare che fu il solito vento a fare come una stecca. Steccò e non sentivo più. Ma avevo capito, perché sono un bambino della notte e amo le grondaie e ascolto la pioggia che cade giù in basso. La pioggia somiglia al mondo. Attraversa la terra, viene da lassù e lassù ritorna piano piano.



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