Magazine Cultura
Sueddeutesche Zeitung, 20 settembre 2010
di Thomas Kirchner traduzione dal tedesco di José F. Padova
http://sueddeutsche.de/politik/rechtspopulisten-in-europa-die-grossen-vereinfacher-1.1002196
Si chiamano Le Pen, Bossi o Wilders, le loro pretese sono irrealizzabili, eppure hanno clientela sempre più vasta: i populisti di destra d’Europa stanno avanzando. E questo è confermato anche dai risultati elettorali in Svezia.
Il populismo di destra funesta l’Europa come un attacco di febbre. Il primo attacco arrivò negli anni ’80, quando l’ascesa del francese Front National, del tribuno del popolo alpino, Jörg Haider, in Austria (FPÖ) e dello svizzero Christoph Blocher mandò in agitazione i partiti tradizionali. Con il crollo del Muro sembrò che l’argomento fosse stato liquidato, tuttavia nell’anno 2000 il Partito Liberale di Haider ebbe accesso al governo. Due anni dopo Jean-Marie Le Pen fece altrettanto, in modo sensazionale, al secondo turno delle elezioni presidenziali francesi e in Olanda la stella di Pim Fortuyns brillò chiara, ma soltanto per poco.
Nel 2005 l’incubo era quasi dimenticato, la spaccatura nel FPÖ sembrò indicare il tramonto dei movimenti populistici, per lo meno in Europa occidentale. Una falsa conclusione, come dimostrano i recenti sviluppi. I populisti di destra dominano le discussioni, si fissano nello spettro politico – talvolta addirittura nei governi – e attraverso il Continente raccolgono diligentemente voti.
- In Olanda il Partito della Libertà, sotto la guida di Geert Wilders, alle recenti elezioni è diventato terzo per votanti. Adesso vuole sostenere un governo di minoranza formato da due partiti di destra e in questo modo governare.
- In Danimarca il Partito del Popolo, condotto da Pia Kjærsgaard, sostiene da quasi dieci anni un governo di minoranza. È stato così in grado di spostare verso destra la politica internazionale del Paese e i voti raccolti alle elezioni continuano ad aumentare.
- In Austria i Liberali, insieme alla frazionata Lega per il Futuro dell’Austria, hanno preso quasi il 30% dei voti.
- In Svizzera il Partito Popolare è da anni la maggior forza politica in Parlamento. Presenta e vince regolarmente iniziative popolari di leggi che si rivolgono con priorità contro “parassiti sociali” o immigrati, come recentemente accaduto per la votazione contro la costruzione di moschee, ampiamente approvata.
- In Italia dal 2008 nel governo di Silvio Berlusconi la Lega Nord di Umberto Bossi è rappresentata da quattro ministri.
- In Francia il Fronte Nazionale alle elezioni regionali di primavera è salito al nove percento. Attualmente Jean-Marie Le Pen prepara il passaggio del potere [nel partito] a sua figlia Marine, politicamente ben dotata.
Anche in Belgio, Polonia, Repubblica Ceca e Ungheria i populisti di destra festeggiano successi che devono essere fatti risalire ai disordini del postcomunismo e alla debolezza dei partiti moderati. In generale si trovano dovunque fattori specifici che facilitano l’ascesa dei grandi semplificatori: il passato coloniale in Francia e in Olanda, il conflitto Nord-Sud in Italia, la tradizione dei governi di minoranza in Scandinavia, le possibilità offerte dalla democrazia diretta in Svizzera, le lacerazioni linguistico-culturali in Belgio.
Facile ricetta per il successo
Eppure, la ricetta per il successo è la medesima in ogni Paese. Per prima cosa è di grande aiuto avere al vertice un tipo dotato di carisma, un Wilders, un Haider, un Bossi. I populisti traggono la loro forza dal farsi passare come antipolitici che non vogliono avere nulla a che fare con l’establishment. Come politica democratica essi non intendono la ricerca di compromessi e di compensazione d’interessi. Affermano piuttosto di esprimere una presunta volontà popolare, che sarebbe ignorata dalle elite in accordo con i cosiddetti mezzi di comunicazione a grande seguito. In totale malafede rappresentano il popolo, al quale essi si richiamano, come un’unità omogenea. Da qui risulta anche il diffuso scetticismo verso l’Unione Europea.
A tutti i populisti della destra è comune inoltre la fama di combattere più fortemente la criminalità, del cui aumento essi rendono responsabili gli immigrati. Importa loro molto anche fomentare la paura: la paura dei ceti medi per il proprio declino, quella degli strati sociali più bassi di non poter salire più in alto; la paura dello straniero e quella per l’attacco della globalizzazione. Se poi in particolare si pronunciano nel campo sociopolitico le loro posizioni passano da alquanto sinistrorse come in Olanda fino all’antistatalismo ultraliberale del Partito popolare svizzero.
Di regola i populisti di destra enunciano richieste massimali, come “Caso mai proibire il Corano”, “Tasse su tutti i veli femminili”, “Fuori dall’Unione Europea!”. In questo modo toccano il nervo scoperto di molte persone, anche se in anticipo è prevedibile che le prospettive di ottenere risultati sono pari a zero. Lo stile politico dei populisti di destra è totalmente conflittuale e polemico, ciò che è meno una questione di carattere quanto invece uno strumento tattico per fomentare il senso del “Noi contro voi”. Contribuiscono a questo anche le rotture di tabù e le trasgressioni alle regole. Se con questo la giustizia deve intervenire e i media occuparsi di questi temi, tanto meglio. Ci si procura attenzione e si incrementa la credibilità presso i seguaci.
Tuttavia l’osservazione diventa interessante quando simili movimenti arrivano al potere, quando giungono a compromessi e devono giustificare le loro decisioni davanti ai propri sostenitori. Infatti il massimalismo allora non funziona più, l’antipartito diviene rapidamente un partito e cade in una crisi di credibilità, nella quale va a pezzi, come il Freiheitliche Partei in Austria. Tutt’al più una via d’uscita dal dilemma è offerta dal modello danese di tolleranza, che l’ex stratega dell’ FPÖ Andreas Mölzer raccomanda molto di imitare ai suoi colleghi di credo politico in Europa.
Un ulteriore segno distintivo della “seconda ondata” di populisti di destra è il seguente: siete ben collegati in rete [internet], quindi scambiatevi le vostre esperienze e così avrete imparato dagli errori dei vostri predecessori. In particolare Geert Wilders ha il proprio partito tanto bene in pugno, perché egli ne è l’unico membro. In questo modo egli evita un caos, come quello che dominava nella lista del populista di destra Pim Fortuyn, assassinato nel 2002.
Anche alle elezioni del Parlamento svedese dello scorso fine settimana un partito di destra populista ha raggiunto grandi risultati: i Democratici svedesi sono entrati per la prima volta nella Camera dei deputati.
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