L’idrokinesiterapia rappresenta oggi una vera e propria pratica riabilitativa che basa le sue origini sulla riscoperta delle proprietà curative dell’acqua attraverso metodiche ed esercizi mirati per ogni forma di patologia sia ortopedica che neurologica..
Nella pratica riabilitativa odierna molti bambini con disabilità vengono costantemente invitati dall’equipe terapeutica o dai medici responsabili a frequentare le piscine per usufruire delle innegabili opportunità terapeutiche offerte dalle attività motorie svolte in acqua. Purtroppo ancora oggi nelle piscine si confondono le figure professionali e le attività da svolgere; i piccoli pazienti eseguono esercizi o iniziano training inadeguati e spesso dannosi non essendo seguiti da personale opportunamente preparato. Bisogna sapere che fare "ginnastica in acqua" non significa fare riabilitazione in acqua. L’esercizio fisico sul soggetto sano è opera degli istruttori sportivi ma la riabilitazione deve essere eseguita da figure professionali opportunamente preparate, la loro particolare formazione professionale consente di utilizzare l’acqua in modo medico e scientifico e di operare mediante l’applicazione di opportuni protocolli riabilitativi.
Il sottoscritto Sandro Sollazzo, diplomato ISEF dal 1985, insegna Educazione Fisica presso l’Istituto Salesiano "Villa Sora" di Frascati e lavora come istruttore di nuoto presso il centro sportivo Sporting Club Tuscolano. Egli ha inoltre conseguito la Laurea in Terapista dello Neuro e Psicomotricità dell’Eta’ Evolutiva nel 2002 con il corso di specializzazione: "Attività motorie in acqua ai fini riabilitativi" dell’Associazione Nazionale Idrokinesiterapisti. Da allora segue numerosi pazienti con disabilità dello sviluppo in programmi di riabilitazione in acqua sia per patologie ortopediche che neurologiche. Il sottoscritto ha inoltre avviato dal gennaio 2003 un servizio di idrokinesiterapia presso il Centro di Riabilitazione infantile convenzionato "Progetto Amico" di Latina ed intende proporre un servizio di Idrokinesiterapia presso il vostro centro .
Il sottoscritto attuerà le attività idrokinesiterapiche secondo la tecnica ASP (Approccio Sequenziale Propedeutico), l’unica completamente italiana, che prevede:
· La presa in consegna del paziente sin dal suo ingresso in piscina.
· Il suo trasporto in acqua mediante opportune prese di assistenza.
· Il trattamento terapeutico mediante protocolli adatti ad ogni patologia sia ortopedica, neurologica o traumatologica.
L’idrokinesiterapia per i bambini con esiti di cerebrolesioni è una forma di terapia di supporto che si affianca e si inserisce in un piano di trattamento più ampio che necessariamente prevede altre forme di terapia. Il bambino e la sua famiglia saranno certamente a contatto con altri professionisti ed operatori sanitari, dunque il compito del terapista in acqua sarà quello di inserirsi nel lavoro di equipe e progettare il suo intervento insieme alle altre figure presenti.
I bambini con disabilità presentano spesso quadri clinici con complicazioni e danni associati al sistema sensoriale sia visivo che uditivo. Ovviamente il danno motorio è il più evidente e si manifesta principalmente con quadri clinici di diparesi spastica, tetraparesi spastica non deambulante, distonia e atassia. Sono due i principali sintomi: il dolore e la rigidità muscolare. L’acqua rappresenta per questi piccoli pazienti un mezzo ideale con cui lavorare, a causa della parziale assenza di gravità permette loro di far svolgere dei movimenti e degli esercizi che sarebbero impossibili e difficili da eseguire fuori e consente al terapista di valutare effettivamente le potenzialità residue di questi pazienti. Si può dunque affermare che l’acqua sia un elemento "facilitatore" per il paziente e per il terapista.
Il dolore e la rigidità sono aggravati dagli stati di ansia latenti e inconsci accumulati dai bambini cerebrolesi e dallo stress fisico-emotivo conseguente. Infatti la loro quotidiana e faticosa lotta contro la forza di gravità, la paura di essere toccati e il timore di cadere sono fattori che inducono questi bambini ad un atteggiamento di "chiusura" del loro spazio di azione; tutto ciò è evidente se si osserva la loro mimica facciale tipicamente sofferente. Una volta immersi in acqua con tutti gli accorgimenti e gli ausili del caso e assistiti dal terapista mediante prese opportune, i nostri piccoli si sentiranno liberi dalla forza di gravità. Essendo protetti dall’elemento liquido che li avvolge completamente e che li sostiene, essi perderanno la paura di farsi male, dunque anche psicologicamente saranno più tranquilli e rilassati. I pazienti avvertono in acqua un generale senso di rilassamento e di benessere per la stimolazione cutanea dei meccanocettori i quali sono forti inibitori del dolore ed eccitanti del sistema parasimpatico. A causa di questo massaggio naturale mio-rilassante che si esercita a temperatura adatta (28°- 35° gradi), il tono muscolare diminuisce e i muscoli antigravitari in sovraccarico funzionale si rilassano. I bambini cerebrolesi non avendo mai avuto una "immagine", un vissuto motorio corretto riceveranno dalla pratica dell’idrokinesiterapia, se a loro possibile, diversi stimoli e finalità in funzione del loro stato clinico. In soggetti già compromessi a livello posturale a causa degli esiti della cerebrolesione, il movimento in acqua induce notevoli vantaggi terapeutici per le loro affezioni più frequenti: le scoliosi neurogene, le cifo-lordosi, le sindromi dolorose del braccio e della spalla, le contratture e gli spasmi muscolari. Anche la resistenza dell’acqua può essere utilizzata per riarmonizzare gli schemi motori scoordinati. I bambini cerebrolesi devono "abilitarsi" piuttosto che "riabilitarsi" all’esecuzioni di schemi motori complessi, la resistenza dell’acqua rallentando i movimenti e quindi aumentando i tempi di esecuzione facilita questo apprendimento. Le prerogative positive del movimento in acqua si basano su alcuni principi fisici: la riduzione della forza di gravità, la spinta di galleggiamento attraverso la variazione dei volumi polmonari (training respiratorio) e mediante gli ausili, la forza di resistenza del mezzo ed infine la variazione della velocità di esecuzione dei movimenti. Gli obiettivi più comuni di un trattamento in acqua sono il raggiungimento di uno stato di rilassamento, il controllo del ritmo respiratorio, una nuova conoscenza del proprio corpo (schema corporeo) in relazione ad un nuovo ambiente. Ma questi obiettivi possono essere diversificati in modo da favorire la creazione di progetti riabilitativi individualizzati e più mirati al quadro clinico di ogni singolo bambino.
Nelle tetraparesi e diparesi spastiche gli obiettivi più specifici sono:
· Ridurre la spasticità diminuendo o impedendo l’instaurarsi di contratture e retrazioni grazie ai movimenti possibili solo in acqua e agli esercizi di rilassamento dei muscoli antigravitari in assenza di gravità.
· Migliorare la coordinazione del ritmo respiratorio attraverso esercizi di apnea controllata e per il rinforzo dei muscoli diaframmatici e intercostali.
· Contrastare le alterazioni dello schema corporeo ed impedire il "neglect" con esercizi che favoriscano la reintegrazione di parti del corpo sfruttando la microgravità e la facilitazione alla mobilizzazione e all’apprendimento motorio.
· Contrastare l’eventuale componente centripeta (schema patologico) grazie all’ambiente microgravitario ed aumentare la funzionalità degli arti maggiormente compromessi con esercizi e con gli ausili galleggianti.
· Migliorare la conoscenza del proprio corpo.
· Acquisire una padronanza dei movimenti del corpo in uno spazio liquido (tridimensionalità).
· Sperimentare una verticalità non rischiosa, sociale, favorendo la conoscenza dello spazio davanti a sé, l’interazione con gli oggetti e con le persone.
· Diminuire lo stress terapeutico, proponendo una attività riabilitativa poco sanitarizzata e divertente in un ambiente, la piscina, che ha anche risvolti ricreativi.
Nei quadri clinici dove sono presenti anche componenti motorie atassiche gli obiettivi più specifici sono:
· Migliorare l’equilibrio e la coordinazione dei movimenti nello spazio liquido sfruttando le resistenze e le facilitazioni offerte dall’acqua mediante esercizi che permettano un carico parziale sugli arti inferiori ed esercizi di controllo dell’assetto in galleggiamento.
· Migliorare la motricità fine e la manipolazione evocando una conoscenza stereognosica degli oggetti.
· Evocare componenti di controllo propriocettivo mediante esercizi che insegnino a variare i volumi polmonari e in una sorta di biofeedback, favorire il controllo e la presa di coscienza delle conseguenti reazioni sul galleggiamento.
"Abilitare" all’uso di certi movimenti e funzioni sfruttando sia la facilitazione della parziale assenza di gravità ai vari livelli dell’acqua sia il rallentamento dei movimenti.
Gli obiettivi raggiunti verranno poi verificati fuori dall’acqua e modulati con le terapie svolte in ambulatorio; infatti come abbiamo ribadito più volte è necessario integrare il lavoro in acqua con quello eseguito fuori dall’acqua,"in ambulatorio", ed inserire tutte le attività in acqua in un progetto riabilitativo più ampio affinché sia veramente efficace.
Le risorse operative del terapista per raggiungere e progettare un intervento riabilitativo efficace in acqua sono molteplici:
La progressiva autonomia di galleggiamento passando dal far galleggiare il paziente tenendosi a punti fissi all’utilizzo di ausili semimobili fino al galleggiamento autonomo.
Il livello dell’acqua, può determinare la variazione della pressione idrostatica e il galleggiamento del corpo. Si può progettare e rendere possibile, ad esempio, un recupero progressivo della deambulazione partendo dall’acqua alta in galleggiamento senza appoggio e man mano diminuire la profondità aumentando così il carico sulla muscolatura degli arti inferiori.
La velocità di esecuzione degli esercizi. L’acqua consente di rallentare o accelerare l’esecuzione dei movimenti del paziente e quindi stimolare in vari modi e nel suo insieme il suo apparato locomotore.
Gli ausili galleggianti: tavolette, ciambelle, tappetini, ecc. ecc. Il loro volume e la loro disposizione su diversi punti del corpo del paziente ci consentono di enfatizzare i principi dell’idrodinamica e i suoi effetti neurofisiologici così da ottimizzare il lavoro terapeutico. L’uso di tavolette, ciambelle, tubi o altri ausili possono far aumentare la spinta di galleggiamento o diminuirla e variare l’assetto del corpo in acqua a secondo delle esigenze. Ad esempio possono aiutare un paziente a mantenere una posizione desiderata sostenendone una parte del corpo, o aggiungendo una forza esterna, ad affrontare attività di potenziamento. Similmente gli ausili come le tavolette aumentando la superficie possono essere usati per aumentare la resistenza al movimento nel potenziamento muscolare o per rallentarlo, favorendo l’apprendimento e il controllo coordinativo da parte del paziente. Possiamo concludere che tutte le proprietà dell’acqua che giocano un ruolo determinante per scopi riabilitativi, possono essere ampliate usando opportune tecniche e ausili che ne arricchiscono le possibilità terapeutiche.
Le prese del paziente. Esse sono una parte fondamentale della tecnica dell’idrokinesiterapista; infatti servono sia per assistere e trasportare in sicurezza il paziente sia per favorire i suoi cambiamenti posturali in acqua da prono a supino fino alla stazione eretta. Sono basilari per dare sicurezza e aiuto attivo ai bambini, attraverso le prese inizia e si instaura quella relazione e quella comunicazione non verbale molto intensa che è un’altra caratteristica importante delle attività motorie in acqua.
Magazine Bambini
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