Si è a lungo parlato della scoperta del bosone di Higgs, ovvero la particella grazie alla quale ogni cosa che esiste ha una massa. La vicenda ha richiamato moltissimi giudizi e prese di posizioni da parte di filosofi e scienziati, non soltanto dal punto di vista strettamente scientifico ma anche teologico. E’ normale infatti che davanti a tali scoperte l’uomo venga richiamato immediatamente alla metafisica, poiché come ha affermato il premio Nobel Charles Hard Townes, «tutta la scienza, in un certo senso, proviene dalla fede nell’ordine nell’universo. Questa è parte della fede scientifica, che ci sia ordine e dunque affidabilità, e così via, e questo fa parte della concezione tradizionale giudaico-cristiana che vi è un solo Dio». Elenchiamo di seguito alcune delle reazioni più interessanti apparse sui media.
Sul sito web della prestigiosa rivista “Nature”, in un articolo intitolato: “A volte la scienza deve cedere il passo alla religione”, Daniel Sarewitz, co-director of the Consortium for Science, Policy and Outcomes at Arizona State University, ha scritto: «La scoperta di Higgs, chiarificatrice dei componenti della stessa esistenza, è anche presentata come un passo da gigante verso la cura definitiva: una spiegazione razionale per l’Universo. Che tale comprensione scientifica rappresenti una sfida alla religione è un’idea comunemente sentita dai difensori della scienza, in particolare quelli più vestiti da atei militanti. Eppure gli scienziati che difendono tale tesi sono spesso troppo lenti nel riconoscere le basi irrazionali delle loro convinzioni, e troppo veloci per disegnare una linea tra lo scientifico e l’irrazionale». Infatti, ha continuato, «il bosone di Higgs è un’astrazione incomprensibile», e «per coloro che non seguono la matematica, credere nel bosone di Higgs è un atto di fede, non di razionalità». Al contrario, «la religione può offrire un autentico incontro personale con l’ignoto [...], permette di connettersi con le cose che si trovano al di là del sapere in un modo che nessuna descrizione giornalistica o divulgazione scientifica del bosone di Higgs può fare». Spesso la religione si è «tentati di liquidarla come manifestazione di ignoranza e analfabetismo scientifico. Ma io credo, invece, che aiuti a mostrarci il motivo per cui sarà sempre necessario avere metodi di comprensione del nostro mondo che vadano al di là del razionale- scientifico [...]. Io sono ateo, eppure, mentre la scoperta di Higgs non mi offre alcun accesso di comprensione del mistero dell’esistenza, una passeggiata attraverso i magnifici templi di Angkor mi offre uno scorcio dell’inconoscibile e dell’inspiegabile al di là del mondo della nostra esperienza».
Interessante anche la posizione di Costantino Esposito, ordinario di Storia della filosofia presso l’Università di Bari, il quale si è soffermato sull’ambiguo nome dato al bosone, ovvero “particella di Dio”, che lascia erroneamente pensare che «una volta afferrata questa particella, avremmo toccato con mano il segreto ultimo della natura, il livello originario del mondo: che insomma avremmo avuto modo di entrare direttamente nella creazione della materia, scoprendo ciò che fornisce la consistenza ultima della struttura fisica delle cose». Così, ha continuato, «per alcuni (in genere non per gli scienziati impegnati in questo lavoro) potrà significare una “prova” dell’origine divina e creazionistica dell’universo, mentre per altri (anche in questo caso probabilmente non per quegli scienziati) potrà significare, al contrario, che la scienza permette di raggiungere e occupare il posto stesso di Dio, e di spiegare l’origine di tutte le cose». E’ bene «non seguire nessuna di queste due strade, per il rischio sempre incombente di piegare in un senso ideologico dei dati straordinari della verifica sperimentale. Né il teismo creazionistico né l’ateismo materialistico possono essere ricavati e utilizzati come mere spiegazioni misurabili del mondo». Tuttavia, ha concluso, non si può negare che questa scoperta evidenzia come «noi siamo capaci di “intelligere” la realtà, vale a dire di penetrare nella natura delle cose, grazie al nostro pensiero interrogante, e quest’ultimo a sua volta può procedere continuamente proprio perché sfidato e provocato da ciò che la realtà gli dice in risposta alle sue domande. L’atto dell’intelligenza accade, effettivamente, quando la “logica” della nostra mente scopre il “logos” del mondo, cioè una struttura che delinea l’ordine e la sensatezza della realtà naturale. C’è “ragione” nella natura: e questa è davvero una grande festa per la nostra ragione».
L’astrofisico e teologo Giuseppe Tanzella-Nitti, già ricercatore nel campo della radioastronomia e della cosmologia del CNR presso l’Istituto di Radioastronomia di Bologna e astronomo all’Osservatorio Astronomico di Torino, oggi curatore del Centro di Documentazione Interdisicplinare di Scienza e Fede (www.disf.org), ha commentato: «Adesso sappiamo che le 24 particelle fondamentali e le quattro forze di natura possono stare insieme, in un unico grande quadro teorico. Qualcuno potrebbe chiedersi da dove vengano questa razionalità e questa eleganza e, più arditamente, se esse abbiano qualche legame con l’idea che l’Universo fisico sia il riflesso di una intelligenza creatrice». Ovviamente «la domanda diviene allora filosofica o forse perfino teologica, ma è interessante che, in quanto domanda, essa venga oggi suscitata anche, ormai, dalla ricerca scientifica, e nasca nei nostri laboratori». Rispetto all’aver citato Dio nel nome della particella, seppure per questioni di marketing, «vedo con molto interesse i progressi della ricerca scientifica e il fatto che vi emerga anche solo un interrogativo su Dio», ha spiegato. «Siamo in controtendenza rispetto ad un clima relativista. Lo scienziato cerca la verità e qualche volta si chiede, appunto, se valga la pena di indicarla, forse anche solo per dibattervi, con la Maiuscola».
Il filosofo Roberto Timossi ha spiegato a sua volta che «sebbene qualche ateo in giro per il mondo abbia tentato di sostituire Dio con il bosone di Higgs, che così da “particella di Dio” si sarebbe trasformato in “particella Dio”, la grande scoperta scientifica avvenuta al Cern di Ginevra può essere invece interpretata sul piano filosofico come una conferma della presenza di un ordine nella natura; ordine che per il credente resta difficile immaginare che sia il prodotto di un fenomeno casuale altamente improbabile».
Il fisico Lucio Rossi, responsabile del “Magnets, Cryostats and Superconductors Group” al CERN di Ginevra, ricercatore dell’Infn (Istituto nazionale di fisica nucleare) e docente del Dipartimento di Fisica dell’università di Milano, ha commentato: «La scienza nasce dall’accorgersi che il mondo è razionale, che le leggi che governano il mondo e la mia ragione sono affini [...]. La scoperta del bosone di Higgs apre tantissime domande ma è chiaro che la simmetria razionale c’è. Ci vuole fegato per dire che l’universo è fatto a caso . Parlando con un famoso fisico teorico, siamo arrivati a dire che questa simmetria, se autofondata, può essere il concetto di Dio. Io gli facevo notare però che posso conoscerla, vuol dire che mi ha voluto. Riconoscere l’infinito è un atto di libertà, ed è giusto che sia così. Se i miei studi mi costringessero a riconoscerne l’esistenza, sarei avvantaggiato rispetto a mia madre, sarebbe ingiusto. C’è abbastanza luce per credere e abbastanza per non credere. E io e mia madre abbiamo le stesse chance di credere. Questa libertà però mi fa pensare che “dietro” c’è una Persona e non una macchina autoalimentata».
Il fisico Juan Rojo, ricercatore presso l’unità teorica del Cern di Ginevra, ha spiegato: «la scoperta del bosone di Higgs, con tutto il lavoro che c’è dietro, parla direttamente di quello che ci fa veramente uomini: la ricerca del senso delle cose, delle ragioni perche la natura è come è, e non diversa, il capire chi siamo e dove andiamo. Oggi con il bosone di Higgs abbiamo potuto contemplare ancora una volta la grandezza del disegno cosmico, in qualche senso, abbiamo contemplato l’infinito in faccia. E questa è la certezza che ci permette andare avanti, con tutte le sue difficoltà, nell’impresa scientifica: la certezza che la natura non solo è ordinata, ma anche “buona”, fino al punto che noi uomini, punti indistinguibili nella immensità del universo, possiamo capirla a livelli così profondi».
Javier Igea, sacerdote e dottore in astrofisica presso l’Università di New York, specializzato nella ionizzazione di dischi protoplanetari dei raggi X, ha spiegato che «identificare Dio con una particella subatomica è una barbarie filosofica che porta al panteismo più radicale [...]. Dopo Gödel, c’è una domande a cui la scienza non può rispondere: Chi ha creato le leggi della natura che la scienza scopre? La scienza non lo può spiegare». E ancora: «Dietro ad ogni scienziato c’è un uomo che cerca di conoscere, e si pone domande inespressa dalla natura su se stesso e su Dio».
Il filosofo Marco Cangiotti, ordinario di filosofia politica ad Urbino, ha commentato come la scoperta abbia evidenziato che l’universo è un sistema relazionale: «Questo implica alcune suggestive riflessioni di carattere teologico e filosofico. Per il cristianesimo, Dio è Trinità, non un monolite solitario, ma comunione, circolazione di una relazione di amore tra Padre, Figlio e Spirito Santo. In estrema sintesi, Dio è relazione».
L’astronomo americano Guy J. Consolmagno, già presidente della “Division for Planetary Sciences” dell’American Astronomical Society e ricercatore presso l’Osservatorio Vaticano, ha affermato: «La Particella di Dio non ha nulla a che vedere con Dio [...]. La cosa sorprendente è che l’universo può essere, almeno in parte, capito. Ne consegue che le leggi si possono dedurre da leggi, che sono razionali, ma anche eleganti e belle. In esse troviamo espressa la personalità di colui che plasmò queste leggi».
Il fisico Antonino Zichichi, presidente della Federazione mondiale degli scienziati, già presidente dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare e docente emerito di Fisica superiore all’Università di Bologna, ha spiegato commentando la scoperta: «Non c’entra nulla l’ispirazione divina. Quando Higgs formulò la sua teoria, molti si mostrarono scettici. “Se il meccanismo di Higgs è vero, vuol dire che lui è Dio”, dicevano. Se la religione non c’entra è il materialismo scientifico ad aver preso un’altra batosta [...]. Il grande messaggio della scienza è: esiste una Logica. Se c’è una Logica, ci deve essere un Autore. Gli atei sostengono che esiste una Logica, ma non il suo Autore. E questo in termini di logica rigorosa, non sta in piedi. Chi nega l’esistenza della Logica che regge il mondo e afferma che tutto è prodotto dal caos, nega la Scienza. Se non esistesse Logica nell’Universo Subnucleare, io stesso non avrei potuto fare tutte le cose che ho fatto».
Il biologo e Premio Nobel Werner Arber, presidente della Pontificia Accademia delle Scienze, ha commentato: «Non si può descrivere questo Bosone come “particella di Dio”, nel senso che non dimostra affatto dal punto di vista scientifico l’esistenza o meno di Dio. Dal punto di vista religioso bisogna però dire che dietro ogni particella esistente c’è la mano di Dio. Quindi, in definitiva, ogni cosa – anche gli atomi – sono dal punto di vista religioso una particella di Dio».
L’astrofisico Piero Benvenuti, docente presso l’Università di Padova, staff member dell’Agenzia Spaziale Europea, sub-commissario dell’Agenzia Spaziale Italiana (ASI), Direttore dell’Osservatorio IUE, già responsabile scientifico Europeo del progetto “Hubble” e Presidente dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF), ha scritto su “L’Osservatore Romano”: «È interessante ricordare, visto il nomignolo “teologico” distrattamente assegnato al bosone di Higgs, che il passaggio dello spazio vuoto dalla non-esistenza aristotelica all’entità assoluta e onnipervasiva della fisica newtoniana suscitò all’epoca un’accesa discussione teologica, testimoniata da una fitta corrispondenza tra Gottfried Leibniz e Samuel Clarke: se lo spazio era dovunque, dove si collocava Dio? Oggi saremmo tentati di giudicare ingenua una tale diatriba, ma di fatto era molto più “filosoficamente” seria di certe superficiali affermazioni lette nei giorni scorsi. Il concetto di uno spazio vuoto assoluto cominciò a vacillare quando Einstein dimostrò come la presenza di massa gravitazionale modifichi la geometria dello spazio stesso, riportandolo quindi “dalle altezze irraggiungibili dell’a-priori” — per usare le parole di Einstein — al livello dell’esperienza empirica. Non è più possibile, dal punto di vista fisico, immaginare uno spazio che “contenga” l’universo: spazio e cosmo sono inscindibili. L’equivalenza tra massa ed energia e la fisica quantistica hanno ulteriormente arricchito la nozione di spazio, che dobbiamo immaginare popolato di particelle e antiparticelle virtuali che emergono e si annichilano in continuazione [...]. Lo spazio, ancorché vuoto, non coincide con il “nulla” e una fluttuazione quantistica del vuoto può sì far emergere materia-energia lì dove non c’era, ma si tratta sempre di una “trasformazione”, non di “creazione dal nulla” (creatio ex nihilo). Ecco quindi che la scoperta del bosone di Higgs offre interessanti spunti di riflessione sulla nostra stessa esistenza, sul nostro essere qui e ora e sulla nostra origine [...]. Se il bosone di Higgs, oltre ad agire sulle particelle elementari, riuscisse a far riavvicinare il pensiero scientifico a quello umanistico, si trasformerebbe davvero in “super-particella di Dio”!».
Il fisico teorico della Specola Vaticana, Gabriele Gionti, ha affermato: «Se una persona ha fede e crede in un Dio benevolo, che ha creato l’Universo, il fatto che lui creda viene ulteriormente confermato dal trovare la simmetria che esiste nella natura, la quale appunto dimostra che la natura ha una struttura razionale; e con la sua fede trova confermato il fatto che questo mondo abbia questa simmetria ulteriore, come per esempio quella che si trova attraverso il Bosone di Higgs, che dà appunto massa alle particelle elementari. Questa simmetria è una prova indiretta, se vogliamo, del fatto che esiste un Dio benevolo, che ha creato questo Universo. Tuttavia questa non è una prova scientifica, è solo un’ulteriore conferma di un presupposto di fede, in cui se uno crede, trova una conferma di fede, ma non una conferma scientifica».