Oggi mi hanno proprio fatto arrabbiare. Mi sono saltati addosso in tre: Maicol, scritto con la a , e Jonatan, scritto senza la h, mi tenevano fermo per le braccia, Nicolò, con una c, si fiondava a colpo sicuro nella tasca interna del mio zaino per la solita raccolta dei 5 euro tra i piccoli delle elementari. Che ci volete fare: io non mi ribello. Non è che non voglio. E’ che non arrivo ancora alla maniglia delle porte: mi buttano giù come niente e sono stufo di prenderle. Pensavo che, dopo avermi lasciato lì a raccogliere le mie cose, se ne sarebbero andati ma questa volta avevano altre intenzioni. Tenuto a terra, col culo per aria, ho guardato inorridito Nicolò mentre mi sfilava Nike e calzino dal piede sinistro e recuperava altri 5 euro. Addio pizzetta e figurine dei Gormiti anche stavolta. “Pensavi di fregarci, nano puzzolente?”, mi hanno detto ridendo.
Fortuna che ha suonato la campanella e se ne sono andati. Il mio grande amico Andrea deve avere fatto la spia: non resiste alle torture. Dovrei metterli nelle mutande, i soldi, ma se poi lo scoprono? Non mi va di rimanere col pisello in aria in mezzo al cortile. E le maestre, come al solito, non hanno visto niente: sono troppo furbi questi tre, che aspettano la fine dell’intervallo per farci la festa… Basta, sono stufo. Ho deciso. Stanotte si esce.
Sono diventato proprio bravo ad uscire, adesso. Anche papà si è accorto che scivolo fuori velocemente e che la nausea iniziale non mi dà più fastidio. Certo, non sono ancora veloce come lui ma ho solo otto anni, insomma, e tanto tempo per fare pratica. Mi stacco dal mio corpo disteso sul letto e resto lì vicino, in attesa che il mio altro corpo prenda forma e smetta di tremolare. Respiro e mi concentro, mentre i contorni si definiscono. Controllo di avere tutti i pezzi al posto giusto: se me ne manca qualcuno devo aspettare per non rischiare che poi, al rientro, ci sia qualche cosa di me che rimane staccata. Già tutti pensano che sono strano: figurati se arrivassi con i pollici scambiati di posto, per esempio, o senza un gomito. Nessuno parlerebbe più con me, nemmeno Lisa. Non che ce ne siano tanti che parlano con me, veramente, però a quei pochi che mi salutano, mi ci sono affezionato. Ecco fatto, sono tutto intero e trasparente. Adesso posso andare.
Attraverso i muri di casa e mi muovo veloce, nella notte. Mi piace starmene fuori per le strade del paese, sotto le stelle, a correre tra le case: nessuno mi vede e io posso infilarmi ovunque. Una delle prime volte che uscivo mi sono fiondato diritto in pasticceria: con queste mani di nulla non posso toccare niente per davvero, solo passare attraverso le cose da parte a parte. Però i profumi li sento, e lì ce n’erano a tonnellate. Ho giocato a cacciare le dita in mezzo alla crema dei cannoncini, finchè la mamma non mi ha trovato e riportato a casa. Stanotte però non ho tempo per giocare: ho troppe cose da fare. La casa di Nicolò non è lontana. Prima però mi fermo da Lisa: le faccio sempre una visitina quando sono fuori.
La sua cameretta è illuminata da una lampada blu che proietta sul soffitto ombre di draghetti volanti. La guardo dormire: la frangetta nera sul viso, gli occhi azzurri chiusi, la punta del pollice in bocca. Questa notte indossa un pigiamino bianco, con tanti teschietti rossi stampati sulla felpa. La sua mamma è un po’ gotica e la sta tirando su facendosi aiutare dagli oracoli delle streghe e da strani intrugli di erbe. Non li ho mai assaggiati ma non devono essere male, visto il profumo di bosco che sento sempre quando Lisa mi passa vicino. Se non diventa una ragazzina appiccicosa e noiosa, se rimane strana, appena cresco le chiedo di metterci insieme. Se trovo il coraggio.
Le tocco la fronte con le dita e allungo la mente piano piano. Entro nel mezzo di un sogno: è su una barca sopra un laghetto di latte e cacao e gioca a tuffarsi insieme ai leprotti rosa che le stanno sempre attorno. Mi hanno detto che tirano a sorte tre di loro, tutte le sere, per fare un sogno con lei perché le ragazzine felici non si trovano con facilità. Nella leprottiera sono in trentamila e le prossime 650 notti di Lisa se le sono già prenotate. Tipi strani, i leprotti rosa: sono bravissimi ad inventare giochi ma fanno troppo casino, secondo me, e me li ritrovo tra i piedi anche quando vorrei starmene a giocare da solo con lei. La saluto, salgo in barca anche io e mi preparo al tuffo: mi sorride e mi dice di prendere una cannuccia. Il lago è proprio buono questa sera. Ridiamo, facciamo gli scemi e poi giochiamo al giro di chiglia. Lisa sa tutto dei pirati. Quando non ci sente nessuno vuole che la chiami Jolanda.
Resterei a sguazzare fino al mattino però non posso: ho un compito da portare a termine, questa sera, e me ne devo andare. Metto sulla barca una coppa gelato vaniglia e cioccolato e banana con tanta panna sopra per lei e erba azzurra al lampone per i leprotti, poi controllo per bene in giro che non ci siano i cuccioli degli Incubi in vista. I loro genitori li mandano sempre nei sogni dei bambini per fare pratica e alcuni di loro non hanno il senso della misura. Una volta ne ho beccato uno che l’aveva legata sul cofano di una cinquecento e se la stava portando in giro a tutta velocità per le corsie dei detersivi di un ipermercato. Ho dovuto intervenire con tutta la mia forza per catturarlo. Campo libero: questa notte Lisa avrà solo sogni felici. Mentre vado via mi fa ciao ciao con la mano. Esco dalla sua mente con calma, per non farle sentire lo strappo, e scivolo di nuovo per strada. Nicolò, tocca a te adesso, brutto ratto di fogna.