Anche gli psicologi e i medici si stanno convincendo (e lo stanno provando) che c’è una correlazione tra degrado e carattere artificiale dell’ambiente in cui si vive, e sviluppo di forme depressive.
In questo senso l’ecopsicologia potrà diventare la scienza del futuro!!!
Al convegno di Milano su Grandi città e salute mentale, sono state presentate le correlazioni tra la zona urbana in cui la persona vive e la sua salute psichica. Ce lo comunica lo psicologo Claudio Risè su Il Mattino di oggi.
Fino ad oggi si era guardato alla depressione come a una malattia di natura organica e biologica. Secondo i nuovi orientamenti si torna a osservare anche l’aspetto sociale di questi disturbi, derivante dal modello di cultura delle società postindustriali e dagli stili di vita proposti. I disturbi depressivi, come tutti i principali disagi psicologici, non sono d’altronde riducibili a inferiorità economiche e sociali. Anche nelle zone ad alto reddito compaiono forme di depressione e malessere psichico, quando gli stili di vita adottati non prevedano una sufficiente cura di sé e abitudini fisiche che sviluppino energie, ma al contrario le distruggano. Come accade nel frequente consumo di alcolici e droghe da parte dei giovani dei gruppi più agiati della popolazione, spesso residenti in zone urbane particolarmente servite e attrezzate anche dal punto di vista del verde. Parchi e giardini però in questi casi non vengono per niente utilizzati, per via di un ritmo sonno- veglia capovolto e dello stordimento cronico in cui si trovano le persone dove la ricchezza non è accompagnata da sufficiente attenzione al benessere fisico e a un’adeguata relazione con la forza rigenerante della natura. Le verifiche sperimentali sembrano confermare che il movimento, praticato sistematicamente nell’ambiente naturale, può curare altrettanto bene che farmaci sintetici, ma con un effetto più duraturo per via delle modifiche profonde che queste abitudini provocano negli stili di vita delle persone. Ricerche svolte, ad esempio, nell’Università di Essex, in Inghilterra, hanno dimostrato che una “dose” di movimento quotidiano nella natura, durante una depressione leggera o media, può essere altrettanto efficace che una cura farmacologica. L’esercizio fisico nella natura, che può essere anche una semplice camminata, purché fatta regolarmente e col pensiero rivolto allo sviluppo di un maggior benessere psicologico, cura anche per via dell’attivazione dei centri della gratificazione cerebrale, e la produzione di endorfine. La maggiore attenzione alle ragioni ambientali della depressione, nell’insieme, spinge le persone ad assumere un atteggiamento più attivo verso l’ambiente e il proprio corpo. Si tratta di una posizione più produttiva dell’affidamento passivo a farmaci, il cui uso è indispensabile, ma non serve se non ci si prende cura di sé. Al di là di traumi, o fattori genetici, la depressione si evita difendendo i due partner della nostra psiche: l’ambiente, e il corpo.