Il film in cui Glenn Close si trucca da uomo.
Creato il 01 marzo 2012 da Presidenziali
@Presidenziali
No, non sono un’estimatrice di Califano. E no, non credo sia una cosa normale - almeno per me non lo è - canticchiare il famoso refrain di "Tutto il resto è noia", per di più a mezzanotte passata, lungo via Tagliamento. Ma questa è stata la mia esatta reazione dopo aver visto Albert Nobbs. Dublino, XVIII secolo. Albert Nobbs presta servizio come cameriere in un albergo. La sua vita è completamente proiettata sul lavoro e sulla possibilità di aprire in futuro una propria attività. Ma oltre ai soldi Albert nasconde un segreto più grande e importante da preservare. Albert è una donna, che ha scelto di vestire gli abiti maschili per fame e disperazione in seguito a una violenza subita. Quando incontra per caso un’altra donna, l’imbianchino Hubert Page, (interpretata da Janet McTeer, candidata all’Oscar come miglior attrice non protagonista) che vive nelle sue stesse condizioni, decide di realizzare finalmente i suoi sogni di normalità, per prima cosa cercando una compagna con la quale condividere la sua vita e le sue "aspirazioni".Per prima cosa è bene sottolineare che questo film di Rodrigo Garcíabasato sulla pièce teatrale The Singular Life of Albert Nobbs, tratta a sua volta dall'omonimo racconto di George Moore, è un film voluto da Glenn Close, scritto da Glenn Close, interpretato da Glenn Close, in cui riluce (semmai ce ne fosse ancora bisogno) la bravura di Glenn Close.L’attrice americana, aveva già vestito i panni di questo personaggio più di trent’anni fa a teatro, e da quel momento ha inseguito il sogno di portare al cinema questa storia, cercando di regista in regista, di produttore in produttore, qualcuno disposto a lanciarsi nell’impresa. E lei stessa si è messa in gioco come co-sceneggiatrice, produttrice ed interprete.Albert Nobbs sarà probabilmente ricordato come "il film in cui Glenn Close si trucca da uomo", ribaltamento del più tipico clichè hollywoodiano, quello per il quale ogni grande attore, ad un certo punto della propria carriera, si misura con il travestitismo.O forse, Albert Nobbs sarà ricordato anche come uno dei più scialbi adattamenti da un racconto breve. Tirato, stiracchiato, allungato e mescolato all'inverosimile, il film per tutta la sua durata rimesta in un calderone più che noto, incapace di portare svolte sostanziali e (purtroppo) anche incapace di coinvolgere mai veramente lo spettatore. Il film cerca di tradurre e mettere in scena con eleganza questa storia di dickensiana crudeltà, di miserie vittoriane, di crudeli soprusi, ma alla fine appare troppo abbottonato - in alcuni passaggi persino calligrafico - per riuscire a commuovere a fondo.Se la Close lavora di sottrazione per ricostruire la mimica e la vita interiore di Nobbs, alla lunga anche la sua bravura cede però il passo alla minaccia di inquadrare il personaggio come un semplice robot antesignano. Nel suo sguardo eternamente smarrito e costantemente timoroso, non si scorge mai il vero dramma. Inoltre ad alcuni personaggi come quelli interpretati da Mia Wasikowska e Aaron Johnson non è concessa una tridimensionalità sufficiente e appaiono troppo piatti e stereotipati per riuscire a fare del film un’opera profonda e commoventeMolto più incisiva è sembrata invece Janet McTeer, nel ruolo di un'altra donna che si finge uomo per tirare avanti in tempi di crisi, ma che, a differenza della protagonista, ha una vita più risolta. Nel suo caso, una trasformazione fisica non eccellente (sembra avere dei cuscini sotto gli abiti di scena) non ha influito sulla bontà della prova attoriale. Grave, seriosa ed eccessivamente virile come si conviene a qualcuno che finge, il suo personaggio è l'unico del film a portare un'idea di complessità e il fascino dell'inconsueto. Tutto il resto, è noia. Voto: 5
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