Piacevolissimo davvero quest'ultimo Mike Leigh. Raffinata commediola amara e tagliente con scambi dialettici da Roland Garros. Una famiglia felice composta da un piccolo nucleo (moglie, marito e figlio) e una schiera di amici e parenti tra il probabile, l'improbabile e l'mprobabilissimo, si faranno bacino delle inquietudini del mondo moderno, tra sconfitte, delusioni e crisi isteriche/d'identità. Il chirurgo Leigh fa a pezzettini e analizza al microscopio la materia contemporanea senza cercarne le ragioni del malessere, concentrandosi totalmente sui risultati. Il drappello di combattivi attori di questa trepidante operetta si adoperano in un continuo scambio di scontatezze e perplessità, falsità e ragguardevolezze salottiere nel più garbato e irriverente stile inglese. Il risultato è un simpatico quando non terrorizzante teorema dell'ovvietà. C'è la donna di mezza età stressata e debole con grosse disfunzioni amorose alle spalle che si innamora del figlio galletto della sua migliore amica. C'è un vecchio cuor di leone deperito dall'alchool, c'è il marito cheto e contento del proprio lavoro, il fratello scorbutico affranto dalla morte della moglie. C'è tanto rincorrersi in questo film, così come tanto perdono e tanta accettazione del genere umano e non ultima come monito di una sconfitta non sempre meritata, tanta solitudine. La speranza è nelle mani di una famiglia che è riuscita a districarsi tra gli accidenti e gli ingombri della vita, parcheggiando le anzietà del tempo che si restringe in un umile giardino londinese in cui assistiamo con apprensione all'inerme e solenne scorrere delle stagioni. La potenza del mezzo dialettico è stirata qui al massimo così come le interpretazioni intense e facciali del superlativo cast. Arguto e irriverente come un killer, profondo come il fallimento.voto 7+




