Ad inizio febbraio 2011 il maestro Riccardo Muti, tra i più grandi direttori d’orchestra della storia italiana, è svenuto durante le prove della Chicago Symphony Orchestra ed è stato ricoverato in ospedale.
Con il tempo si è ripreso anche se lo spavento è stato molto forte. In questi giorni è stato intervistato dal quotidiano Avvenire e, oltre a parlare della sua città, Napoli, ha ricordato quei momenti: «noi uomini del Sud nasciamo con un profondo senso della morte. Sin da bambini siamo immersi in un clima fatto di campane a lutto, di processioni del Venerdì Santo, di Visita ai Sepolcri, di marce funebri suonate dalle bande. I problemi di salute che ho avuto di recente mi hanno fatto toccare con mano quello che so da sempre, che siamo legati a un filo e che basta un nulla perché questo filo si spezzi».
E continua: in quei momenti mi ha sostenuto «il senso della speranza che mi hanno trasmesso i miei genitori educandomi nella fede cattolica. Sapere di una vita oltre la morte che, certo, ignoro come potrà essere, mi fa guardare con serenità al presente. Me lo ha insegnato la fede. E anche la musica perché quando dirigo un Requiem, di Mozart, di Cherubini o di Verdi, quelle note mi trasportano oltre, nella dimensione dello Spirito».