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Quest'edizione della festa celtico padana, rispetto alle precedenti, si è svolta in un ambiente nervoso, scosso dalle polemiche interne al partito della Lega Nord e dalle vicende legate ai provvedimenti del Governo, del quale proprio la Lega è uno dei pilastri.
Il pericolo di contestazioni della base ha costretto i leghisti ad organizzare un nutrito servizio d'ordine per evitare l'incontro diretto tra il leader del partito con qualche militante scontento, una cosa che solo qualche anno fa sarebbe stata impensabile, oltre che a smentire in ogni modo quello che sembra evidente, le fratture interne al partito, tra seguaci di Maroni e la cerchia di familiari e dirigenti più vicini a Bossi e tra Lombardi e Veneti, ormai avviatisi su due strade diverse.
Per ritrovare il consenso della base Bossi ha così ben pensato di rivestire gli antichi panni del sacerdote druidico, agitando l'ampolla d'acqua magica come potente amuleto padano e ribadire, dopo anni di oblio, la balla della secessione della Padania, questo Stato immaginario creato dalla fervida fantasia del Senatur, invocando se necessario la proclamazione di un referendum popolare per la sua istituzione. Un referendum che se pure avesse luogo i secessionisti perderebbero nettamente, come Bossi sa bene, ma l'agitarlo può servire a recuperare i più duri e puri (e magari pure un po' più ingenui) militanti della base.
In realtà Bossi aveva già da qualche mese, avendo annusato il pericolo, da quella bestia della politica che è, aveva ripreso a presentarsi come il capo dei barbari del nord, rispolverando la vecchia canottiera e riprendendo a brandire lo spadone di Alberto da Giussano contro Roma ladrona. L'immagine data però è molto diversa da quella che era il Bossi degli anni belli di Gemonio. Il Bossi 70enne di oggi, trafigurato dagli anni e dalla malattia, non appare certo come il migliore tra i condottieri possibili e sembra aver ormai perso il carisma che lo aveva portato a creare del nulla un partito locale che avrebbe, piaccia o non piaccia, pesantemente influenzato la politica nazionale.
A non aiutare Bossi nell'opera di recupero dell'elettorato deluso è la semplice constatazione la Lega Nord è da anni al governo, e non in modo marginale, di quello Stato dal quale si vorrebbe secedere, come non l'aiuta l'evidente lotta per la successione che si è scatenata alle sue spalle e che vede i suoi vecchi collaboratori fare aspallate tra loro e, soprattutto, col cosiddetto cerchio magico, ovvero quel gruppo di familiari e collaboratori che di fatto controlla oggi il partito, e che vede come esponenti di primo piano la moglie di Bossi, Manuela Marrone (una siciliana, ohibò) e l'erede designato, quel Renzo Bossi che fu anni fa dal padre nominato "il Trota", per non addossargli le responsabilità di una successione difficile.
Bisogna però dire che la definizione, preferita a quella di "delfino" si adatta al giovane Bossi in modo perfetto, essendo evidente che, se pure i riccioli neri possono ricordare quelli del padre dei momenti più gloriosi, gli occhi e la faccia da pesce bollito sono la sua caratteristica fisiogniomica più evidente.
Siamo allora arrivati alla fine dell'esperienza leghista? Credo che la lega continuerà ad esistere e che come fenomeno locale continuerà pure ad essere influente, avendo in questi anni occupato molte posizioni di potere nelle amministrazioni locali, come dimostra la resistenza alle riforme degli enti locali e il possibile scoglimento di Province, piccoli comuni e altri enti locali, ma difficilmente ripeterà i successi elettorali del passato.
Sarà invece interessante verificare dove si dirigeranno i voti dei leghisti delusi, che saranno quelli che probabilmente decideranno le prossime consultazioni elettorali.
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