Magazine Diario personale

Il mestiere più bello del mondo

Da Giovanecarinaedisoccupata @NonnaSo

vita felice

Certi giorni come questo, in cui il sole splende alto e una lieve brezza ci accarezza la faccia, facendoci rimpiangere di aver tenuto ancora il cappotto che ci ammazza di caldo, me ne vado in giro per la mia città, e ho un gran sorriso stampato in viso, perché mi sembra proprio di fare il mestiere più bello del mondo.

Avete capito bene. Il disoccupato è uno dei lavori più belli del mondo, se lo guardate da questo punto di vista.

Chiudete gli occhi per un istante, oppure spalancateli ben bene e guardatevi attorno!

Partite per un viaggio fantastico che non vi costerà che l’usura della buona e vecchia suola delle vostre scarpe, ma vi arricchirà di una sensazione di pace, e persino felicità, così rara, soprattutto per noi disoccupati, che è bene farne tesoro.

Toglietevi di dosso pigiama, amarezza, tristezza, pigrizia… scollatevi da quel divano e uscite! Costringetevi se dovete, ma uscite. Anche solo per un’ora, anche solo per fare il giro del quartiere.

Uscite e guardatevi intorno. Non notate nulla?

Non vedete che c’è un sacco di gente in giro, a spasso come voi?

Certo, qualcuno cammina veloce e ha un’aria di tutto business… ma vi stupireste, guardando appena sotto quell’apparenza. E poi io vi chiedo: davvero non ricordate com’era, quando lavoravate? Soprattutto negli ultimi tempi, i problemi insopportabili, la paura di restare senza lavoro, le pressioni psicologiche… io me la son vista davvero brutta, e ho subito di tutto, dal mobbing all’ostracismo di colleghi e falsi amici, e voi vi state ancora chiedendo perché quello del disoccupato a volte è il mestiere più bello del mondo?

Certo, posso capirvi: siete ancora scettici perché con questo mestiere non ci si porta da mangiare in tavola. E’ vero… ma sono anche tutti soldi risparmiati dello psicologo, di medicine per il mal di stomaco e il mal di testa e il mal di vivere….

E poi, voi avete il privilegio di poter conoscere cosa si prova a stare dall’altra parte della barricata.

Eh si perché i vantaggi, a guardar bene, sono tutti a nostro favore:

1. La disoccupazione, in fondo in fondo, è un po’ una grande avventura. Parti per luoghi inesplorati, che nemmeno sapevi esistessero (gli uffici della burocrazia e l’enorme – non troppo distante-  Landa della Disoccupazione, da cui dicono non ci sia ritorno), il futuro è incerto e ci sono delle prove da superare per dimostrare la propria idoneità (a cosa non si sa)… è una grande avventura, che ci cambia, volenti o nolenti, la vita.

E come dice il saggio Coelo:

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2. E poi, come ho già detto: enorme risparmio in ansiolitici, antivomito, antistress, pastiglie contro mal di testa, mal di schiena, mal di cu… insomma. Ci siamo capiti.

Dalla disoccupazione la salute (almeno quella fisica) trae giovamento. E per quella mentale..beh per quella non ci potevamo fare nulla prima, e non ci possiamo fare nulla adesso. Io resto sempre convinta che in ogni caso bisogna prendere il cattivo con il buon e trovare sempre il lato positivo delle cose. Non abbattersi mai, e andare avanti con lo spirito giusto, tanto non è che certe cose le possiamo cambiare così, e piangerci addosso non serve comunque a nulla.

3. Da disoccupati il tempo rallenta: le cose che prima dovevate fare di corsa, o a cui dovevate rinunciare, ora le potete pianificare con calma, rimandare a domani tanto non casca il mondo, farle quando ne avete voglia o non farle affatto, lasciarle fare a qualcun altro, e voi stare semplicemente a guardare.

4. Si, a guardare. È bello guardarsi attorno, riscoprire la vostra città, e i suoi tesori, andare a caccia di angoli nuovi o angolazioni inusuali. Aggirarsi per le strade, fare piccole commissioni, scoprire posticini che fanno sconti che non avevate mai visto solo perché non avete mai avuto tempo di passarci davanti, o di entrare a curiosare.

5. Il disoccupato può osservare la gente: dove va, cosa fa, come si comporta. Arriva ad accorgersi di molte piccole cose, che poi gli torneranno utili: impara a riconoscere i luoghi dove si lavora bene da quelli dove si lavora male, e si terrà lontano dai secondi quando deve portare il cv (forse), impara a memoria i negozi sulla via che fa tutti i giorni, sa quelli che cercano personale e quelli dove non sprecare neanche la stampa di un cv. Impara i prezzi delle cose, così quando escono i saldi, o degli sconti occasionali, ricorda che il prezzo che sembra scontato era lo stesso di prima, mascherato.

6. Può fare le prove generali per la pensione (se mai ci arriverà, altrimenti l’avrà sperimentata lo stesso, con la consapevolezza di sapere quello che si perderà…): può fare come i vecchietti e andare al supermercato tutti i giorni. Quindi impara a memoria tutti i prezzi delle cose, e otterrà un grandissimo risparmio comprando solo quando escono le offerte.

7. E può starsene in giro senza uno scopo preciso. Il disoccupato può prendersi il lusso di una (o anche più) giornate da sfaccendato. Tanto diciamocelo: gli “altri” sono un po’ convinti che non facciamo una beata mazza tutto il giorno.. perché deluderli? Il disoccupato si ritrova ad avere solo tempo libero, e in un certo senso vive proprio nel Paese dei Balocchi: ha tempo per leggere i libri che non ha mai letto, di fare le parole crociate, di scrivere le sue storie. Di aprire un blog… o viaggiare, se se lo può permettere  se è abbastanza furbo da riuscire a trovare tariffe super scontate e possiede spirito di adattamento. Perché in effetti, il disoccupato…

8. Non deve rendere conto a nessuno. Non ha un “padrone” che gli dice a che ora arrivare, cosa fare, cosa non fare e che gli sta con il fiato sul collo tutti i giorni. Non ha scadenze da rispettare o cottimi da consegnare. Non ha colleghi stronzi da sopportare tutti i giorni, non deve correre per il caffè prima che alla macchinetta si formi la coda e lui debba tornare “al suo posto”..

9. Il disoccupato un posto non ce l’ha, ma l’intero mondo diventa virtualmente, potenzialmente, il suo posto. Appartiene a tutto e a niente. Appartiene a ciò cui vuole appartenere: la sua casa, la sua via, il suo vicinato, la sua città… ed è una cosa fantastica perché invece di subire, è lui che decide a cosa appartenere!

Ma soprattutto, la cosa fondamentale, è che quando arriva all’osso, dei soldi per arrivare a fine mese, delle amicizie e della gente vicina che se ne va perché stare accanto a un disoccupato è scomodo, quando si trova solo e si guarda in faccia e ha toccato il fondo…

10. Il disoccupato impara il valore delle cose. Impara a farsi bastare quello che ha, a non comprare cose che poi non gli serviranno e a distinguere quelle che gli servono realmente da quelle che qualcun altro gli sta dicendo che servono. Impara quali cose lo rendono felice e quali no. Impara quali persone lo fanno star bene e quali no. A distinguere chi ha solo interessi da chi si interessa realmente a lui, e impara a non farsi fregare più, perché non ha più nulla tranne sé stesso da farsi fregare e …ehi! Il disoccupato impara che l’unica cosa che conta davvero è lui, lui stesso, e il suo benessere (Beh, a parte quello dei suoi cari, che comunque se stanno bene fanno star bene lui e perciò…)

Allora, vi ho convinti o no?

Avete ancora in mente il vostro lavoro ideale ed è diverso da questo? Descrivetevelo, a voce alta. Forse rispetto a qualche mese fa, è già cambiato.

Del resto è una delle domande più gettonate dai questionari o nei colloqui di lavoro: descrivi il tuo lavoro ideale… e, 99 volte su 100, finiamo per descrivere l’esatto opposto dell’esperienza lavorativa appena vissuta. Ve lo posso garantire, è una cosa da “umani”: non siamo mai contenti di quel che abbiamo e desideriamo sempre quel che non abbiamo.

Quando mi sono trovata davanti a questa domanda, un anno fa, ho descritto il luogo di lavoro ideale: dove i colleghi collaborano, invece di farsi le scarpe l’un l’altro, dove il capo riconosce i tuoi meriti e non ne approfitta, vantandosi di un lavoro che non ha fatto lui, dove non siamo soltanto dei numeri, o dei “costi” da eliminare dal totale in tutta fretta, senza nemmeno ringraziare perché “tutti sono utili, nessuno è indispensabile”.

Se me lo chiedete oggi, il mio lavoro ideale (a parte la disoccupazione) è quello che posso fare in completa autonomia, magari da casa mentre mi faccio due risate con la mia Muffin (La gatta bigia), in pigiama se ne ho voglia, cercando le idee dove capita, e lasciandole libere di esprimersi come voglio. Un lavoro onesto, nemmeno strapagato perché anche questo si sa: alla lunga non sono i soldi che comprano la felicità. Comprano da mangiare, ma non la pace della mente e la felicità, se uno non sa come fare ad essere felice (e ve lo dice una che come voi ha provato a fare la fame, ma anche ad essere ammalata, e tanto, per il lavoro).

E poi, la questione del lavoro ideale è un po’ come la questione delle vacanze: è soggettiva, e a ognuno le sue!


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