di Paolo Balmas
La Corea del Nord è solitamente dipinta dai mass media come l’ultimo lontano baluardo nemico dell’Occidente, controllato da una dittatura anacronistica che tuttavia sembra essere in qualche modo una minaccia per la pace nel mondo. Le consuete immagini delle forze armate che sfilano e le notizie dei test missilistici che periodicamente vengono proposte, rafforzano la tesi. Si dimentica spesso, però, che la Corea è un Paese diviso artificialmente e che per una legge innata dell’uomo il Nord e il Sud tendono inevitabilmente a ricongiungersi. Soprattutto nel caso in cui sia esistito un passato di solida unione.
A partire dall’autunno del 2014 si è cominciato ad assistere a una nuova apertura da parte dei due governi che hanno dichiarato l’intenzione di riprendere il dialogo in favore del ricongiungimento delle famiglie separate dalla guerra civile di sessant’anni fa. Si sono aperti i lavori per un incontro fra i due rispettivi leader, avvenimento che non si verifica dal 2007, momento in cui la Sunshine Policy era giunta al culmine. Inoltre, nelle stesse settimane, le grandi potenze della regione (Cina, Federazione Russa e Giappone), hanno intrapreso un’attività diplomatica nei confronti di Pyongyang al fine di instaurare un rapporto che la costringa di fatto a intessere relazioni continue con l’esterno.
Il rinnovato interesse verso la Corea del Nord, tuttavia, non è in linea con i recenti avvenimenti che hanno causato una bufera mediatica contro il governo di Pyongyang. A quanto pare, questo è direttamente coinvolto nelle operazioni di pirateria informatica contro la Sony Corporation e la Korea Hydro and Nuclear Power Corporation di Seoul. Infatti, l’amministrazione di Washington ha indicato il Reconnaissance General Bureau (Rgb), l’istituzione militare da cui dipendono le operazioni coperte e le attività informatiche dell’Armata Popolare, come responsabile degli attacchi. Le prove ancora non sono state rese pubbliche, ma sono bastate per aggiungere nuove sanzioni a istituzioni e imprese nordcoreane. Sebbene abbiano tutti più o meno riconosciuto la colpevolezza degli hackers nordcoreani, almeno attraverso le testate giornalistiche, l’interesse nel dialogo di alcuni Paesi non si è ridimensionato.
Allo stesso modo, anche il programma per lo sviluppo di armamenti nucleari di Pyongyang non basta a produrre un totale isolamento internazionale, come invece si è verificato a volte in altri contesti o momenti della storia. Il motivo risiede principalmente nel fatto che, sebbene le forze armate nordcoreane abbiano i mezzi per lanciare le micidiali armi, cioè i missili, non hanno ancora raggiunto la capacità di miniaturizzare le testate nucleari. Inoltre, i tre esperimenti portati a termine negli ultimi anni hanno dimostrato che la potenza di tali armi è molto limitata rispetto a quelle sviluppate in Occidente (le stime sono diverse fra loro, ma si è parlato di circa un decimo della potenza delle bombe lanciate su Hiroshima e Nagasaki nel 1945).
La decisione di intrattenere nuovi rapporti diplomatici con il governo di Kim Jong-un, quindi, deve essere dovuta a una necessità che supera il livello della minaccia potenziale che rappresenta. Una minaccia che, oltre tutto, secondo gli analisti è ben più modesta di quanto si creda, sia dal punto di vista militare che informatico.
Sullo sfondo emerge una questione che ben si presta a svelare quale sia la causa della forza centripeta che sta portando molti Paesi al dialogo con Pyongyang. Si tratta della scoperta di un bacino minerario molto ricco di terre rare, considerato uno fra i più grandi esistenti. Il valore stimato si aggira intorno ai sei trilioni di dollari, anche se non è ancora possibile fare calcoli precisi.
Terre rare, elementi – Fonte: The New York TimesTale ricchezza permetterebbe alla Corea del Nord di sviluppare ogni settore: infrastrutturale, militare, informatico e anche civile. Ovvero, si assisterebbe a un’evoluzione dell’economia nordcoreana senza che questa si sottoponga a una concreta riforma strutturale. Data la sete di elementi rari che sono utilizzati nei settori fondamentali dell’industria, dalle comunicazioni all’energia, è inevitabile che le imprese direttamente interessate vogliano accedere al suddetto immenso tesoro. E si ricorda che Washington ha da pochi mesi inserito le terre rare tra le voci dell’elenco che definisce la sicurezza nazionale.
Di fronte a tale prospettiva i Paesi della regione, Corea del Sud, Cina, Federazione Russa e Giappone, si sono affrettati a utilizzare ognuno la propria narrazione per approcciare Pyongyang, che non è mai risultata così vicina.
La prima mossa che ha avuto un importante seguito mediatico è stata fatta da Mosca. In seguito al contratto miliardario firmato fra Russia e Cina per la fornitura di gas (maggio 2014), infatti, è stata mostrata la volontà di entrare anche in territorio coreano per conquistare un mercato che sembra, almeno a Nord, ancora non esistere. Ma, appunto, di prossima edificazione.
Il progetto di Mosca consiste nel prolungare la rete di gasdotti della propria regione orientale e costruire un ramo che attraversi l’intera penisola coreana. Se da una prospettiva europea può risultare inquietante l’immagine di una Russia inarrestabile proprio nei giorni in cui Bruxelles tenta di limitarne le capacità attraverso sanzioni economiche, in realtà l’approvvigionamento di energia sarà necessario al fine di gettare le basi per lo sviluppo di un Paese per vari aspetti ancora arretrato come la Corea del Nord.
Dal canto suo il Giappone ha riaperto il dialogo con Pyongyang attraverso la questione dei propri cittadini scomparsi in territorio nordcoreano fra gli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso. Si racconta che tali viaggiatori giapponesi siano stati rapiti e costretti a insegnare la propria lingua all’intelligence nordcoreana. Malgrado le polemiche relative al lancio di missili a medio raggio nel Mar del Giappone volute da Kim Jong-un nel 2014, Tokyo ha scelto la riapertura degli incontri come timido tentativo di rinnovare i rapporti diplomatici. Incontri che avverranno nonostante i fatti che hanno coinvolto la Sony Corporation.
Pechino aveva raffreddato i rapporti con Pyongyang negli ultimi anni, ma il 2015 si è aperto con il proposito cinese di divenire il mediatore privilegiato fra Corea del Nord e resto del mondo in relazione ai programmi nucleari. Si tratta di un ruolo che permetterebbe alla Cina di acquisire un notevole prestigio a livello mondiale come garante di una pace necessaria ad assicurare la spartizione pacifica delle terre rare nordcoreane. A Pechino serve al tempo stesso la capacità di esercitare una pressione su Pyongyang in quanto la condizione di quasi monopolio di cui gode nel settore delle terre rare è messa a repentaglio. In tal senso, la decisione di Xi Jinping di abbassare i limiti imposti alle esportazioni delle proprie terre rare, annunciata a gennaio 2015, dimostra da un lato che tale pericolo è più che concreto, dall’altro che le pressioni occidentali sono state esercitate al momento giusto.
Distribuzione delle terre rare nel mondo – Fonte: USGS/AFPIl potere economico e politico delle terre rare nordcoreane ha la forza di lasciar cadere quella resistenza che da ormai mezzo secolo si è innalzata nel Sud. Infatti, alcuni ambienti dell’establishment di Seoul hanno insistito a lungo sul fatto che le ricchezze accumulate non sarebbero state spartite con il Nord. Sicuramente non prima di una riforma strutturale dello Stato. I capitali che attireranno le terre rare e i necessari investimenti per adeguare le infrastrutture ai bisogni dell’industria mineraria, dei trasporti e della sicurezza, renderanno tale convinzione non più applicabile alla realtà delle due Coree.
Il governo di Seoul ha già proposto di intraprendere un dialogo al fine di riaprire e sviluppare le reti di comunicazione stradale e ferroviaria.
Bisogna notare, inoltre, quali sono le imprese sanzionate da Washington, oltre al Rgb: la Korea Mining Development Trading Corporation e la Korea Tangun Trading Corporation. La motivazione dell’amministrazione Obama tuttavia non è da ritrovarsi negli attacchi informatici, piuttosto nel fatto che tali imprese sono coinvolte nei programmi di sviluppo nucleare, sia civile che militare. Infine, da sottolineare, le due imprese sono coinvolte proprio in quelle attività minerarie in cui rientra lo sfruttamento del bacino di Jongju, a nord di Pyongyang, dove si trovano le terre rare.
I diciassette elementi rari che condizionano l’economia mondiale, presenti negli oggetti di uso quotidiano come smartphone, lap-top, tablet, navigatori, o nelle tecnologie più avanzate dei settori militare e aerospaziale, ma utilizzate anche nei processi di trasformazione degli idrocarburi, costituiscono una delle leve attraverso cui gli equilibri dell’intera regione dell’Asia-Pacifico saranno ridisegnati. La delicatezza della situazione attuale, caratterizzata da un processo strategico e diplomatico che deve fare i conti con le crisi in corso (guerra in Medio Oriente, prezzo del petrolio, sanzioni contro Mosca e caduta del rublo), si ripercuote sull’andamento politico della negoziazione cui si assiste. La Corea è chiaramente giunta a un bivio: da un lato la strada si dirige verso un futuro condiviso di crescita; dall’altro verso un conflitto insostenibile.
* Paolo Balmas è Dottore in Lingue e Civiltà Orientali (Università La Sapienza, Roma) e membro del Consiglio Direttivo di Istrid Analysis
Photo credits: AP Photo/Susan Walsh
Potrebbero interessarti anche:
La Corea del Nord nelle maglie del cyber-space globale: l’instabile…
Verso una nuova Asia-Pacifico
La dimensione strategica dei nuovi equilibri in Estremo Oriente