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Il paradosso dei Denver Nuggets

Creato il 11 febbraio 2013 da Basketcaffe @basketcaffe

L’All-Star Game che verrà giocato la prossima settimana a Houston non vedrà nessun giocatore dei Denver Nuggets. La squadra di coach Karl è attualmente quinta nella Western Conference con un record di 33-19, ha una serie di giocatori di alto livello che giocano per la squadra e non individualmente eppure non viene presa molto in considerazione, neanche per un’eventuale vittoria del titolo NBA. Vero che ci sono squadre che in questo inizio stagione hanno fatto vedere gioco offensivo e difensivo migliore di quello della franchigia del Colorado, ma è altrettanto vero che spesso si fanno i conti in base al record senza ponderare bene le squadre incontrate e le partite giocate in casa o in trasferta.

Denver è una di quelle squadre che ha sofferto di più il calendario, prevalentemente in trasferta nella prima metà e che adesso invece si presenta in discesa, visto che giocare in altitudine, nella casa dei Nuggets, non è facile per nessuno. Oltre a livello di team anche i giocatori non sono stati presi molto in considerazione, e parte della “colpa” va al gioco di coach Karl che limita al minimo gli isolamenti e i giochi personali (motivo della trade che ha portato lontano Carmelo Anthony) e predilige un gioco corale, fatto di pick&roll per attaccare il ferro, penetra-e-scarica sempre per segnare dentro l’area o trovare tiri puliti, piedi per terra, sul perimetro. Il roster costruito dal GM Ujiri è stato pensato proprio su questi dettami tattici.

Ecco che allora Ty Lawson è il giocatore con maggiore carta bianca, con libertà di attaccare sempre nord-sud rischiando anche di perdere qualche pallone di troppo e di forzare, ma con l’obbligo di cercare di coinvolgere anche i compagni. L’ex UCLA viaggia a 15.4 punti e 7 assist con il 43.6% dal campo. A suo supporto c’è il veteranissimo Andre Miller che con 8.9 punti e 5.8 assist gioca spesso in coppia con Lawson per bilanciare la sua aggressività con una maggiore lettura del gioco.
Poi ci sono le guardie/ali: Andre Iguodala è arrivato dai Sixers con l’etichetta di “leader mancato” ma in Colorado ha trovato la sua dimensione, cioè essere un giocatore importante senza però avere tutta la pressione da portare sulle spalle. 13.4 punti, 5.3 rimbalzi, 4.7 assist e 1.5 recuperi dimostrando come AI sia un giocatore totale, che non per nulla si è meritato anche la convocazione alle olimpiadi di Londra.
Corey Brewer e Wilson Chandler poi si spartiscono i minuti, più o meno con gli stessi dettami: correre il campo in contropiede/transizione, attaccare il ferro e tirare sugli scarichi in angolo. Facile a dirsi, ma i due stanno rispondendo benissimo con 11.4 punti il primo e 9.4 il secondo. Tanto che Chandler potrebbe essere messo sul mercato da qui alla trade deadline, visti i non tantissimi minuti a disposizione.

Anche il reparto lunghi è affollato: Kenneth Faried è insostituibile per Karl, per tutta l’energia che mette sul campo in ogni singola partita. 12.3 punti, 9.7 rimbalzi e quasi una stoppata di media sono cifre ottime per un sophomore. Kostas Koufos (8+6.5) e JaVale McGee (10+5) si dividono anche loro i minuti con il greco che inizia le partite e l’ex Washington che spesso le finisce, anche lui per l’energia che porta alla causa. Dietro a loro ci sarebbe anche Timofey Mozgov, altro giocatore on the block visto che come affermato dall’allenatore, non ci sono abbastanza minuti per farlo giocare, pur riconoscendo le sue doti.

Infine non possiamo che chiudere con il nostro Danilo Gallinari che dopo un inizio difficile, con qualche infortunio e il peso di un contratto importante appena firmato, ha alzato il volume della radio nell’ultimo mese. Il Gallo viaggia a 17.2 punti e 5.5 rimbalzi, ma in gennaio le sue cifre dicono 19.3 punti con il 46.9% da due e il 43.2% da tre.
L’italiano è diventato il leader della squadra e se per la convocazione dell’ASG si guardasse solamente all’ultimo mese, lui, la chiamata l’avrebbe di sicuro ricevuta. L’inizio così così però l’ha penalizzato, anche se non è detto che il commissioner Stern, in caso Duncan desse forfait, non possa fare un pensierino al nostro alfiere.

Insomma Denver gioca di Squadra con la S maiuscola. Manda sei giocatori in doppia cifra e addirittura nove sopra gli 8 punti di media! Spesso cifre come queste possono penalizzare un atleta a livello di risultati personali, ma l’importante alla fine sono i trofei vinti dalla squadra e giocando così le possibilità sono molto alte.


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