Il Parlamento nazionale russa (Duma) ha approvato una legge che limita l’aborto e che verrà presto firmata dal presidente russo Dmitry Medvedev. Essa vieta l’aborto dopo la 12° settimana di gravidanza e impone un termine perentorio di attesa di 2-7 giorni prima di abortire, conosciuto come la “settimana del silenzio”, per permettere alle donne di riconsiderare la loro decisione.
La Duma ha tuttavia respinto le richieste della Chiesa ortodossa che chiedeva l’approvazione obbligatoria del marito in caso di donne sposate, il consenso dei genitori nei casi di minori e il diritto dei medici di rifiutare di eseguire un aborto. Queste restrizioni tuttavia significano il primo tentativo per fermare il calo demografico che è in corso da quando è stata liberalizzata la legge sull’aborto a metà degli anni 1960.
Ricordiamo che la Russia è stata anche la prima nazione in cui è stato legalizzato l’aborto (1920), per la chiara volontà del dittatore Vladimir Lenin, seguito a ruota dai nazisti tedeschi. Nell’ex patria dell’ateismo scientifico, piegata oggi anche dalla piaga dell‘alcolismo e dallo stile di vita malsano che ha ridotto l’aspettativa di vita dell’uomo medio a 58 anni, vi è anche uno dei tassi più alti al mondo di aborto con oltre un milione di interruzioni di gravidanza ogni anno (Ministero della Salute), anche se altre fonti parlano di diversi milioni. Il numero pare comunque essere diminuito negli ultimi anni: nel 2005 si sono verificati 104,6 aborti ogni 100 nascite mentre l’anno scorso gli aborti erano 58,7 ogni 100 nascite.