di Franz Krauspenhaar
Non assisto alla disfatta di Lippi contro la Slovacchia. Ho capito da tempo che la squadra azzurra non avrebbe fatto strada, e provo per la Nazionale, da tempo, una sorta di sorda inimicizia, di digrignante antipatia. Il presuntuoso “Paul Newman” del caciucco-sport dice di non aver lasciato fenomeni a casa; di certo ha lasciato in Italia i migliori, come Cassano. Su Facebook, la seconda casa di parecchi – me compreso – lancio frasi a effetto sull’argomento, come “Lippi lippi bau bau”, “Credo che un Lippi così non ritornerà più”, “Finalmente Lippi è pronto per la sua nuova carriera di Capitan Findus”, ecc. Sono frasi tristi, in fondo, che fanno comunque risaltare, nella parte del cattivo dello spaghetti western, un personaggio di infinito squallore, l’epitome dell’italiano medio, dell’ex bagnino della Versilia -posto che ho sempre trovato abbastanza triste e freddo, nonostante le attrezzature balneari – che fa fortuna fuori, l’ex bel ragazzo dal piglio deciso – che lo sappiamo, in ogni italiano veramente medio si nasconde un Mussolini magari d’altra taglia, come l’allenatore biancocrinuto – che sfonda con la furbizia e un certo rigore nell’impegno. Ma la mentalità resta quella dell’ex bagnino, del prendisole umano, del bello della comitiva che non deve chiedere mai, del Gianni Garko de La voglia matta. Pescatore accanito, amato dalle donne, con un figlio titolare di una società di intermediazione di calciatori già messa sulla graticola giudiziaria e mediatica, Lippi è l’arrogante ma non abbastanza maledetto toscano, che riesce a fare autocritica solo dopo una disfatta paragonabile a quella dei mondiali inglesi del 66, ma dicendo soltanto che la colpa è tutta sua e che non credeva che andasse a finire così. E cosa credeva, allora? Involontariamente, per salvarsi la faccia, si dà dell’idiota, perché qualunque cretino avrebbe capito che con quella formazione e senza un gioco che fosse umano, e con quella faccia da fesso-furbo napoletano di Cannavaro, sempre con quel sorriso ironico stampato sulla faccia come scudiero in campo, avanti non si sarebbe mai andati, nemmeno col calcio d’inizio di San Gennaro. Penso ad altre disfatte, come quella del 74, io quattordicenne a piangere per l’eliminazione dei “senatori” di Valcareggi: ma era appena nata una nuova era calcistica, data dal magnifico calcio totale degli olandesi, e l’aggressività era diventato il mezzo di pagamento migliore in un calcio che cambiava finalmente pelle nel segno dell’offensivismo. Ma ora? Nulla cambia, il mondiale più triste che mi sia capitato di vedere, al freddo dell’inverno sudafricano, le trombe locali ad assordarci fino all’epicentro dei nostri spappolati cervelli, pochi gol, la Francia che esce al primo turno come l’Italia: a cosa ci si puo’ appigliare? A nulla, se non all’errore di una Federcalcio che ha richiamato Lippi, e soprattutto allo stesso, presuntuoso e insipiente, chiacchierone e incapace di una vera autocritica, l’impunito. Un cialtrone fortunato, come spesso sono i cialtroni nel nostro paese, bravo nel guidare una nazionale ben formata nel 2006, in un mondiale comunque decaduto; orrido e vergognoso nel creare tutti i presupposti, ora, per una sconfitta plateale, ingiustificabile. L’ex bagnino dovrebbe ora andare finalmente in pensione, da sconfitto, sparire una buona volta tra le tristanzuole spiagge di Viareggio, come è giusto che sia. Misero alla gogna il povero Edmondo Fabbri, lanciarono i pomodori agli azzurri di Messico 70 all’aeroporto, per un secondo posto. Cosa dovrebbero fare, oggi, i tifosi? Sparare?
[Nella foto: l'unico Lippi da me legalmente riconosciuto.]