La biodiversità italiana è 30 volte superiore a quella europea
Il Dna degli italiani è il più ricco e variegato d’Europa. Le comunità che popolano l’Italia sono così eterogenee dal punto di vista genetico che la loro diversità è fino a 30 volte superiore rispetto a quella che si osserva tra gruppi che vivono agli angoli opposti del continente. A rivelarlo è uno studio dell’Università La Sapienza di Roma, coordinato dall’antropologo Giovanni Destro Bisol, in collaborazione con le università di Bologna, Cagliari e Pisa.
La ricerca ha preso in esame 57 popolazioni del nostro territorio: non solo quelle più ampie e rappresentative di città o di grandi aree (ad esempio il Lazio oppure L’Aquila) ma anche gruppi di antico insediamento come quelli delle minoranze linguistiche (Ladini, Cimbri e Grecanici). Sono proprio alcuni di questi (come le comunità paleogermanofone e ladine delle Alpi o alcuni gruppi della Sardegna) a contribuire in maniera determinante alla diversità genetica osservata in Italia.
Un dato eclatante emerge dallo studio del Dna trasmesso per linea materna, ovvero quello mitocondriale. Comparando la comunità germanofona di Sappada, nel Veneto settentrionale, con il suo gruppo vicinale del Cadore o quella sarda di Benetutti con la Sardegna settentrionale, l’insieme delle differenze genetiche calcolate è di 7-30 volte maggiore delle popolazioni europee. Quest’ultime però sono geograficamente 20 volte più distanti (come portoghesi e ungheresi oppure spagnoli e romeni).
Lo studio rivela anche un’inedita analogia tra la biodiversità umana e quella animale e vegetale, dovuta all’estrema estensione latitudinale dell’Italia. La varietà degli habitat lungo la penisola favorisce la diversificazione di piante e animali mentre le caratteristiche geografiche hanno reso l’Italia un “corridoio” naturale per i flussi migratori. Nel caso dell’uomo hanno contribuito alle diversità tra popolazioni anche le differenze culturali, in primis quelle linguistiche.
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