Mentre il gran traffico mondiale di dati su twitter si concentra su argomenti frivoli e sull’estate in corso, ad est dell’Occidente, in Asia centrale, la piattaforma multimediale, alla quale accedono in pochissimi, si utilizza per comunicati di guerra.
E’ quanto ha fatto il Presidente dell’Azerbaijan, “cinguettando” che la sua Nazione è ora “in stato di guerra” con l’Armenia, per riottenere parti di territorio contestato, cioè l’area di Nagorno-Karabakh, che è contesa dai tempi del crollo dell’URSS. Zona caldissima negli anni subito dopo il disfacimento dell’Unione Sovietica, fu in seguito resa più tranquilla dal cessate il fuoco, firmato nel 1994, ma destinato, evidentemente, a non superare i vent’anni di durata.
Il conflitto infatti sembra dover riprendere, ed aggiungersi alla già vasta lista di guerre in corso nel mondo, infuocato dagli ultimi eventi e ufficializzato dai tweet del Presidente Ilham Aliyev.
Già si è sparato, da parte però dell’Armenia, che ha risposto col fuoco a queste minacce, non si sa in base a quale grado di provocazione. Un attacco, di poco antecedente ad un ennesimo tweet del Presidente Aliyev, ha procurato numerosi caduti alle armate azerbaigiane. In seguito, il Presidente avrebbe scritto, sempre su twitter, che “il loro sangue è stato vendicato”, alludendo probabilmente ad una offensiva vittoriosa del suo paese, seguendo ciò con un altro cinguettio, nel quale riaffermava la potenza del proprio esercito e propagandizzava che “i territori occupati sono la nostra patria”.
Questo utilizzo così massivo dei social media, in un momento così peculiare e per trasmettere tali messaggi, è sicuramente una novità nel panorama di internet, e, in realtà, stona un po’ con quella che è la nostra idea di professionalità e forma di certi avvenimenti: difficilmente per un occidentale sarebbe accettabile una dichiarazione di guerra formulata via twitter, seppure sempre più si ha un insaprimento nell’uso di questo strumento anche per le comunicazioni più ufficiali.