Magazine Per Lei

IL PUNTO DELLA SITUAZIONE. Aspettiamo.

Creato il 22 febbraio 2011 da Nina
IL PUNTO DELLA SITUAZIONE. Aspettiamo. Ne è passato di tempo dall' ultima volta che
Ho parlato di infertilità
Ho fatto l'amore per procreare, illudendomi di poter dare la vita
Ho visto la gina
Mi sono disperata
Mi sono bloccata
Ho deciso che stop.
E me ne rendo conto bene perchè riprendere le fila è difficile, dopo quasi un mese di non avvenimenti apparenti esterni e grandi sconvolgimenti interni. Un cataclisma si è riversato sulla mia vita e io mi sono semplicemente spostata un po' più in là. Ho osservato da una distanza di sicurezza la distruzione delle mie poche e stupide certezze, aspettando solo che il peggio passasse. Sono andata in modalità sospensione per salvaguardare il sistema e impedirne il danneggiamento. Non potevo fare altro, non sapevo fare altro.
Sospetto, a ragion veduta, che questa mia propensione all' esitazione e alla procrastinazione sia dovuta a un certo vago bisogno di evadere e fingere che di problemi, da queste parti, noi non ce li abbiamo mai avuti.
Ma, ahimè, mentirei spudoratamente e voi, che un po' avete imparato a conoscermi, sapete che non è la mia politica di vita.
Mi sono sempre messa a nudo, perchè questo spazio fosse per me e diventasse per molte di voi, un territorio neutrale dove parlare apertamente delle fatiche della ricerca di una gravidanza quando questa non arriva.
Mi sono sentita sola così tante volte, incompresa, sottovalutata nelle mie reali problematiche, che ho avvertito forte il richiamo del gruppo, della solidarietà femminile che spinge avanti e crea anche a partire dalle macerie. Perchè è una realtà troppo estesa ormai per fingere che sia solo una questione di "testa" (basta con le cazzate).
E ho immaginato che questo mio percorso, sofferto e doloroso per certi aspetti, potesse diventare lo specchio in cui la realtà di molte altre veniva riflessa.
E non sto parlando del "mal comune mezzo gaudio", lungi da me ancorarmi a una così bieca possibilità, qui non si tratta di mutuo soccorso, assistenzialismo e autoflagellazione, ma di confronto, scambio, condivisione.
Di tirar fuori quello che si cela dentro, che non trova parole adeguate, che pesa e soffoca, che stinge i colori di certe giornate, che ci spenge, ci toglie la motivazione e la spinta ad andare avanti, se vissuta nel silenzio del proprio cuore, lontano dalla vita, dal mondo, dagli altri. Come una colpa, una condanna, una macchia.
Io credo nel potere dello scambio, credo in quello che questa esperienza mi sta regalando giorno dopo giorno: la possibilità di incontrare e conoscere donne forti e coraggiose che combattono e lottano quotidianamente per il loro sogno e lo fanno ciascuna a suo modo, perchè così diversificate sono le realtà e le esperienze, le sensibilità di ognuna di noi. Ma mi rincuora sapere che ci siamo e siamo in tante a sospirare, a credere e a sperare e che nella diversità le stesse emozioni ci accomunano, gli stessi pensieri, gli stessi sconforti e le stesse vittorie.
E allora eccomi di nuovo a voi, in versione nudo integrale, a raccontarvi di me sapendo che ci troverete un pezzettino di voi. Dico io quale gioia più grande?
Un salto spazio-temporale indietro ci aiuterà, facciamolo insieme.
Siamo a quel lontano mercoledì 9 febbraio (mi pare una vita fa a dire il vero), quando io, febbricitante, mi sono recata nello studio della gina per disquisire in termini squisitamente scientifici su una questione, per me invece, profondamente esistenziale: Le-Mie-Tube.  Aperte o Non-aperte, qual è la differenza?
Quel giorno non ebbi la forza di spiegarvi tutto, quel giorno l'esito dell' incontro si è abbattuto su di me come una condanna senza appello trapassandomi da parte a parte, lasciandomi incapace di una qualsiasi risposta lucida e temperata. Come quando il pavimento ti si apre sotto i piedi all' improvviso tu che fai? Ti metti lì a ragionare sul perchè? No, salti, fai di tutto per metterti in salvo e lo scotto del trauma lo paghi dopo.
Sicuramente dopo, perchè poi il conto arriva. E così è stato per me, gli effetti dell' uragano io li ho continuati a sentire  a distanza di tempo, anche dopo che la tempesta era passata.
In sordina, in silenzio, qualcosa dentro di me lavorava incessantemente e la mente, per difesa, si è chiusa alla realtà. E così ha operato in me quel meccanismo di elusione della realtà, che omette porzioni abbondanti col solo scopo di farti sopravvivere, di proteggerti. Non potevo e non volevo vedere. Meglio star male fisicamente e non ascoltare il dolore sordo dell'anima, meglio chiudermi in me stessa e concentrarmi sulla guarigione del mio corpo, piuttosto che rendere conto del fatto che alcune parti di me (peraltro fondamentali) erano state date per spacciate.
Perchè a  posteriori si può dire e fare tutto, ma quando la verità ti colpisce in pieno viso e in pieno giorno, è a terra che sei scaraventata e ce ne passa prima che tu riesca a rialzarti.
E' un dolore che va vissuto pienamente e  prima che sopraggiunga la consapevolezza a salvarti c'è solo cecità e buio. Ormai lo so.
E in quel buio sono rimasta, creando il vuoto necessario affinchè nuovi e giovani germogli venissero alla luce.
Come in un bozzolo, io crisalide ho rigenerato ogni parte di me, lontano dal mondo e dalla confusione.
Il mio corpo si è ammalato, l'energia vitale si è sopita e il viaggio interno è cominciato.
Ho esplorato i miei mondi sommersi, ho incontrato i miei mostri, ho provato a dargli un nome e un volto, sono scesa negli abissi di me e ho acceso tutte le luci. E ho visto.
Ho potuto vedere tutto quello che mi abita, che riesco a contenere, a custodire.
Le mie rotondità, la mia ciclicità, la mia lunaticità, la stagionalità degli umori e degli eventi, il mio essere donna e creatrice di vita, sempre e comunque.
Sono scesa spaventata e impaurita, insicura e fragile, svuotata e spenta e sono risalita umida, bagnata, fertile, sana e più concreta di prima.
Cosa è accaduto laggiù di così straordinario? Niente che non possa sperimentare ognuna di voi.
Vale la pena gettarsi nell'avventura della scoperta di sé, sarà enorme la sorpresa al ritorno del viaggio.
Più di quello che avreste mai sperato di trovare.
C'è una tale forza in ognuno di noi, un desiderio innato di rinascita e di spinta verso l'alto e l'altrove.
C'è una tale capacità di resistenza anche quando si teme che il fiato non basti per la risalita.
C'è un processo di ristrutturazione e ricompattazione del sé che avviene a nostra insaputa, se solo abbiamo fiducia in lui e lo lasciamo agire in noi.
Perchè siamo donne, fa parte di noi. Siamo cicliche, seguiamo i ritmi della natura e ad essi spontaneamente ci affidiamo. E la natura è trasformazione e cambiamento, nulla resta immutato per troppo tempo, non è previsto che sia così. E allora non ci resta che abbandonarci al flusso delle cose, alla corrente della vita e credere e accettare e accogliere. Più di tutto accogliere.
Questo ho capito in questi giorni pieni di me: finchè mi ostino a respingere, a forzare, per far andare le cose in una certa direzione, sarà attrito e sofferenza che genererò. Ma se mollo la presa, accolgo ogni parte di me, anche quella più scomoda, e mi lascio portare, non faticherò, sarà sollievo quello che proverò perchè vivere sarà più semplice, più dignitoso, più leggero.
E adesso riparto da qui:
La gina mi ha detto che le mie tube, così come sono adesso, non svolgono la loro funzione primaria.
Voi lo sapevate che le tube non finiscono attaccate alle ovaie? Io, ignorante lo ammetto, credevo fosse così, invece lei mi ha spiegato che le tube fluttuano libere nella cavità pelvica e incontrano l'ovulo che viene espulso dalle ovaie. Per questo devono essere aperte alla fine del loro percorso.
Quello che avviene nel mio caso è che le mie, di tube, terminano con delle aderenze, cioè (parole della gina) invece di terminare in una piazza aperta, terminano in una piazza circondata da palazzi.
 Palazzi che isolano le mie poverelle dalla possibilità del magico incontro con l'ovetto, con le ovaie che nei paraggi albergano. Ora voglio dire immaginatevi il mio shock alla seguente rivelazione dell'anno:
Non conta nulla che le tue tube, cara Nina, siano aperte e il liquido passi, il problema è che nel punto nevralgico e nodale in cui il liquido dovrebbe semplicemente fuoriuscire e disperdersi nella cavità, in te ristagna, si insacca come se fosse intrappolato (sempre parole della gina) da una fitta trama di veli di zucchero filato (!).
Va da sè che in queste condizioni la probabilità che l'ovulo non entri neanche in sede è altissima, probabilmente NON COMUNICANO, le ovaie rimangono ISOLATE.
Dico sparatemi che è meglio no? In un attimo, come immagino accada ai condannati a morte, ho rivisto davanti ai miei occhi scorrere le innumerevoli follie d'amore, nei giorni buoni, quelli fertili, col loro carico di speranze e illusioni (dico oggi). Tutto inutile, aivoglia a trombare e a spassarcela e a non pensarci e a pensarci in un modo nuovo e tutto il resto che ben sappiamo.
I.s.o.l.a.t.e. Che brutta parola.
I.n.c.o.m.u.n.i.c.a.b.i.l.i.t.à. tra le parti, che triste destino.
Ma ancor più triste da accettare il fatto che stando così le cose (la famosa via de mezzo, nè carne nè pesce), questa mia condizione di ibrido rende difficile escogitare un piano d'attacco che sia davvero risolutivo.
Ma ho due dico due possibilità:
A) Mi opero, con tutto quello che ne consegue (anestesia totale, intervento invasivo, mesi di convalescenza) e potrebbe accadermi che:
  1. L'operazione rivela una situazione ben più drammatica di quello che sembrava, risultando inutile.
  2. L'operazione andrà a buon fine ma tempo che mi riprendo le aderenze si sono riformate
  3. L'operazione andrà a buon fine e io ricomincerò la tiritera dei tentativi mirati sperando in risulati che nessuno, allo stato attuale delle cose, si sente in  diritto di assicurarmi.
B) Faccio la fivet direttamente e taglio la testa al toro.
- Che pensa di fare Nina? -
Io? Cazzo che responsabilità. (Groppone in gola) Cosa penso di fare? Forse gridare, piangere, buttarmi in terra, urlare - no no perchè proprio a me oddio ti prego dimmi che è uno scherzo non ce la posso fare non lo accetterò mai - e poi singhiozzare per ore e cercare il conforto dell'abbraccio materno. Questo vorrei fare e tutto insieme, ora. Posso? No, evidentemente no e lo so da me, in queste circostanze ci si aspetta che tu mantenga un certo self control. Padrona di te e delle tue emozioni, sempre e comunque donna.
E così ho fatto, con gli occhi lucidi ho detto la verità
- Io NON lo so cosa fare -
E Sua Umanità mi ha guardata con dolcezza e comprensione:
- E ci credo -
Ed è stato lì che ho capito che è di tempo che avevo bisogno, per metabolizzare la botta, per piangere e disperarmi e leccarmi le ferite con Lui, accoccolati, stretti stretti, intimi e vicini. Non sono decisioni che si possono prendere così. E ancora oggi io quella decisione non l' ho presa. Perchè, semplicemente, io NON lo so.
Sto, invece, prendendo tempo per valutare tutto il resto, sicura del fatto che quella risposta arriverà, emergerà dalle pozze smosse del mio inconscio e verrà a galla sempre più sù, fino al livello della mia coscienza.
E allora io sarò pronta e potrò dire:
- Ecco cosa devo fare. Ora lo so -
In questo credo.
IL PUNTO DELLA SITUAZIONE. Aspettiamo.

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