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In origine la foglia del tè veniva chiamata tcha, cha, tay e tee. La parola “tè”, invece, deriva dal dialetto min meridionale cinese “t’e” (pronuncia tei) diffuso nel sud Fujian e a Taiwan. Il tè, così come lo conosciamo noi, è una bevanda che consiste in un infuso ottenuto lasciando le foglie di tè a bagno in acqua calda/bollente per un periodo di tempo che varia dai 2 ai 7 minuti circa.
La pianta dalla quale si ricavano queste foglie è la Camellia sinensis, una sempreverde con piccoli boccioli bianchi originaria principalmente della Cina, del Tibet, dell’India del Nord, dello Sri Lanka, del Giappone e del Kenya. Se lasciata crescere naturalmente può raggiungere anche i 10 metri d’altezza ed è per mantenerla ad un’altezza utile alla raccolta che gli agricoltori la potano a 60/90 centimetri.
La nascita del tè resta un mistero che, nel corso dei secoli, non ha fatto altro che infittirsi sempre più portando alla luce leggende che racchiudono in sé un qualche cosa di addirittura fiabesco.
La storia ufficiale ne attesta il diffondersi in Cina e, secondo la leggenda, per merito dell’imperatore Chen Nung. Scienziato, erborista e patito dell’igiene. La leggenda vuole che l’imperatore non bevesse altro che acqua bollita e che avesse ordinato ai suoi stessi sudditi di fare altrettanto.
Un giorno, mentre si riposava all’ombra di un albero, una leggera brezza fece cadere alcune foglioline di tè all’interno dell’acqua messa a bollire e che essa avesse assunto un invitante color oro. La curiosità prevalse sull’imperatore che assaggiò la bevanda provando subito una meravigliosa sensazione di benessere. Dopodiché volle conoscere meglio l’albero in questione e da lì nacque la coltivazione del tè.
Ma ci sono altre leggende che parlano della nascita del tè, come quella indiana e quella giapponese.
Per gli Indiani è da attribuirsi al figlio delle Indie Kosjuwo, Bodhidarma. Durante un suo viaggio in Cina, il principe predicò il buddismo e fece voto di non dormire durante i 7 anni della sua meditazione. Ma dopo i primi 5 anni venne assalito dalla sonnolenza, senza rendersene conto prese delle foglie da un vicino cespuglio e masticandole recuperò le forze riuscendo a terminare il tempo prefissato.
I buddisti giapponesi hanno apportato una “piccola” modifica a questa storia. Essi sotengono che Bodhidarma dopo 3 anni d’ininterrotta meditazione si lasciò vincere dal sonno e sognò di alcune donne amate in gioventù. Riavutosi, colmo di rabbia per la sua debolezza, si tagliò le palpebre come punizione e le sotterrò. Col trascorrere degli anni, nello stesso luogo, si accorse che era cresciuto un arbusto selvatico dalle cui foglie si poteva ricavare una bevanda energizzante. Ovviamente si trattava del tè.
Oggigiorno esistono sul mercato una varietà infinita di tè. Tuttavia non tutti sanno che derivano dalla medesima pianta ma che si differenziano unicamente attraverso diversi trattamenti che presentano gradi di ossidazione (o, più comunemente, fermentazione) differente. In base a questi trattamenti si distinguono i tè verdi (non ossidati), i tè neri (completamente ossidati) e i tè semi-fermentati (oolong). Inoltre, una volta essiccato, il tè può essere ulteriormente lavorato per dare vita a: tè aromatizzato, tè pressato e tè deteinato.
Il tè, nel corso della storia, non è sempre stato un infuso e le tecniche di lavorazione sono, ancora oggi, molto diverse. Erano principalmente tre: il tè bollito; il tè sbattuto; il tè infuso.
Queste tecniche dipendevano direttamente dalle dinastie alle quali appartenevano (Tang, Sung e Ming).
Il tè si poteva preparare facendo essiccare le foglie per poi pressarle fino ad ottenere dei panetti duri e facili da trasportare. Per poterlo poi consumare occorreva staccare la quantità necessaria, frantumarla in un mortaio e poi bollirla assieme ad altri ingredienti come il sale, lo zenzero, la buccia d’arancia, chiodi di garofano, il latte e, qualche volta, addirittura le cipolle.
Ancora oggi nel Tibet, in Mongolia e anche in alcune parti dell’India viene preparato allo stesso modo.
Qualche secolo più tardi sparirono gran parte degli ingredienti mantenendo unicamente il sale. In questo periodo (VII secolo) venne scritta la prima opera scientifica e riconosciuta sul tè, “Il Canone del Tè” del poeta Lu Yu.
Sotto la dinastia Sung il tè impersonava un ruolo veramente importante nella civiltà cinese, utilizzato come moneta di scambio e mezzo di pagamento. In questo periodo cambia anche la sua lavorazione. Le foglie vengono pestate fino ad essere ridotte in polvere, messe poi in una ciotola con l’aggiunta di acqua calda e sbattute con un frustino di bambù fino a farle schiumare.
Il tutto accompagnato da un rituale molto preciso e scrupoloso che oggi sopravvive soltanto in Giappone nella “Cerimonia del Tè” (Cha - No - Yu).
Con la dinastia Ming (XIII secolo) queste tecniche spariscono del tutto. Le foglie vengono fatte essiccare e poi lasciate qualche minuto in infusione in acqua non bollente.
Il tè giunse in Europa soltanto nel 1632 e, per molto tempo, gli occidentali conobbero solo questo modo di preparare il tè. L’abitudine, tipica inglese, di aggiungere latte e limone resta un argomento dalle origini controverse.
Per quanto riguarda la tradizione britannica, oggi il tè rappresenta la bevanda nazionale, consumata varie volte al giorno e in miscele di diverse qualità, più forte al mattino detta English Breakfast e più leggera al pomeriggio (tea time).
Una delle più antiche e famose marche importatrici di blend è la Twinings ormai importata in tutta Europa.
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