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Scomparsa dalle scene politiche nazionali, almeno come personaggio di rilievo e punto di riferimento din una possibile leadership, subito dopo la sua elezione a Parlamento europeo, Debora Serracchiani torna a far parlare di se le cronache della politica italiana, passando di convegno in convegno (tutti quelli organizzati dalle correnti del Pd) e rilasciando sempre dichiarazioni nelle quali auspica il rinnovamento del partito, anche se sono poi accompagnate da argomentazioni spesso fumose e poco comprensibili.
Parrebbe dunque che la 41enne avvocato di Udine, apparsa e poi scomparsa all'improvviso, come una splendente meteora, alla ribalta della politica nazionale nel Marzo del 2009, pare voler riprendere quel ruolo di rinnovatrice del proprio partito e della sinistra in generale, tremendamente ferma da decenni su posizioni conservatrici, che le era stato attribuito da molti, forse oltre le sua stessa capacità di interpretarlo.
Già nel Luglio 2009 mi chiedevo quale fosse il reale spessore politico della giovane promessa del partito democratico, constatando che dopo neanche un anno dal suo discorso critico sull'organizzazione interna e il funzionamento del partito davanti a circoli del Pd, si era già accontentata della poltrona ben remunerata a Strasburgo, allineandosi alle direttive dei capi del partito e alla normalizzazione bersaniana da loro imposta.
Da allora soltanto timide riflessioni affidate al suo blog ospitato sul sito de Il fatto Quotidiano e alcuni articoli scritti per IlPost.it, una sorta di Huffington Post all'italiana realizzato da Luca Sofri, ricondavano al pubblico l'esistenza di quella che qualcuno aveva troppo frettolosamente nominato la Giovanna D'Arco della sinistra italiana, ed è quindi con una certa curiosità che mi sono accinto a seguirne le ultime mosse.
Dico subito che ormai ho definitivamente perso la speranza non solo che Debora Serracchiani possa essere la donna, il politico, il dirigente capace di rinnovare, svecchiare, modernizzare quell'apparato cigolante e sclerotizzato che è il Pd, ma che pure molto difficilmente potrà almeno soppiantare le immagini femminili che il partito ormai ci ammannisce da anni, in particolar modo quella della incredibilmente inutile Rosi Bindi, per la quale è impossibile non chiedersi a cosa veramente possa servire, se non a perdere voti.
La Serracchiani infatti appare ormai molto lontana da quella che sembrava potesse essere o diventare, quando pronunciò il suo famoso discorso, che ormai non si ritrova più nemmeno nell'archivio de L'Unità, tanto sembra stato enunciato ormai un secolo fa, e più che presentarsi come possibile leader di corrente, se non di partito, si sia votata al ruolo di ancilla domini dei veri sfidanti della segreteria del partito, i cosiddetti giovani "rottamatori" Matteo Renzi, sindaco di Firenze e Giuseppe Civati, consigliere regionale lombardo.
In particolare è col secondo che la ex speranza femminile del partito sta attivamente collaborando a preparare non si sa cosa in attesa delle primarie del partito, anche perché l'unità tra i tre giovani rinnovatori è venuta ben presto a mancare, probabilmente a causa della confusa ma efficace iperattività nell'auto proporsi come prossimo leader del partito di Renzi.
Come sia e come non sia però, è evidente che le speranze di poter vedere una donna veramente protagonista della vita politica italiana, anche se per ora limitatamente alle vicende interne di un partito, è destinata a rimanere un'illusione e l'unica possibilità di vedere la Serracchiani o qualche sua collega in posti di responsabilità sarà dovuto non tanto alle sue riconosciute capacità ma solo alla nomina da parte del suo referente di corrente e grazie alle eventuali quote rosa.
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