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Il termosifone

Da Laconiglia
Il termosifone
Quando ero una coniglietta piccina ma non troppo, diciamo sugli otto-dieci anni, andavo a far nuoto. Ho fatto tanti anni nuoto. E mi è sempre piaciuto quell'ambiente così umido e caldo, il rimbombo delle voci e lo sciacquettare dell'acqua mossa da tante braccia che la domavano o semplicemente le chiedevano pietà.
Però se c'era un momento che non amavo, proprio perchè mi faceva sentire poco amata era quello della doccia e del cambio.
Gli altri bambini avevano le mamme lì, pronte ad asciugarli, aiutarli e accudirli, mentre io a otto anni non avevo nessuno.
A ben pensarci ora mi sembra di esser io (e mia mamma) quella che faceva la cosa giusta. A otto anni non sei così piccolo da aver necessità della mamma per vestirti e controllarti se hai messo il costume bagnato nella sacca.
Comunque allora io soffrivo per questo abbandono mammifero al momento del vestirsi, perchè le altre mamme erano solite metter i vestiti dei figli sui termosifoni, in modo che i pargoli, con il muso lungo e le pretese 'mammaaaaaaaaaaaaa il paninoooooooooo!', potessero infilarsi gli abiti riscaldati. A me nessuno metteva la maglia o i calzini a riscaldare sul termosifone e quando una volta lo feci da sola mi sentii così idiota che li levai subito, come se li avessi appoggiati per sbaglio lì. Perchè era così bello se una mamma lo faceva, ma da soli...non sembrava la stessa cosa.
Forse pensavo che il calore del termosifone fosse un pò quello della mamma che si prende cura del suo piccolo e io li, mi sentivo un pò senza quel calore di mamma.
L'altra sera sono rientrata a casa dopo un giro per i mercatini di natale e c'erano la bellezza di -5 gradi. Mi girava la testa perchè nel tentativo di contrastare questo freddo ho bevuto gluwine (vin brulè) quasi fosse acqua e chi mi conosce sa perfettamente che io non sono avezza al bere. Il problema del gluwine è che sul momento ti riscalda, ma nel giro di poco il freddo ti morsica le ginocchia e la schiena e sei punto e accapo.
Comunque.
Sono entrata nella mia stanza e purtroppo la mia casa è una delle poche che smentisce il detto che 'in germania c'è freddissimo ma dentro casa fa sempre caldo'. Non è che ci sia freddo, ma non c'è nemmeno il caldo da stare a maniche corte che si prova in altre case...
Comunque.
Entro nella mia stanza e  ancora ho i piedi in modalità polaretto e pure il mio sedere sembra abbia deciso mantenere la stessa temperatura della neve. Devo mettermi il pigiama e con la testa che gira e gambe malferme cado sul mio letto. Affianco a me sento un rumorino strano, roba da termosifone. Ed ecco che all'improvviso mi vengon in mente l'umidità della piscina, i panini reclamati e soprattutto lui, il santo termosifone che scaldava i vestiti degli altri bimbi.
In un istante mi rimetto in piedi, sbatto contro la libreria, mi cade in testa un librone con scritti paroloni impronunciabili (quando si decideranno al corso a insegnarmi come diavolo si pronunciano le parole in tedesco?) ma alla fine raggiungo il mio pigiama che metto a riscaldare sul termosifone.
Passati cinque minuti a ripetermi 'mammaaaaaaaaaaaa il paninooooooooooo!' e a inventare possibili frasi in lingua teutonica per reclamare cibo (muuuuuutterrrrrrrrrrr! Kartofenn! Wurstel! Crauten! Cosa vorranno i bimbi tedeschi a merenda?!?) mi spoglio alla velocità della luce e finalmente indosso il pigiama. Rosa. Con una faccia enorme di coniglio cucita sul davanti. Morbidosissimo e caldo.
E subito mi butto sotto le coperte con la pace dei sensi.
Vent'anni per scoprire che i vestiti riscaldati al termosifone non sanno solo di mamma, sanno anche di ricordi al cloro.

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