Magazine Psicologia

Il vecchio saggio non piange e non ride?

Da Pasqualefoglia @pfoglia2

santoneIl vecchio saggio non piange, non ride e non si muove neanche!

Positivo e negativo possono trarre in inganno

Il troppo e il poco ci rovinano l’esistenza

Il falso mito della consapevolezza…

La distinzione in positivo e negativo dei due termini che formano le coppie di opposti, pur consentendoci di  distinguere il lato buono da quello cattivo, in realtà non è molto appropriato perché ci induce a privilegiare un polo e a rinnegare quello opposto. Così facendo si altera il buon funzionamento di tutto l’insieme.

Per esempio, dire che l’amore è sempre positivo e l’odio è sempre negativo, che l’altruismo è sempre positivo e l’egoismo è sempre negativo, e così via per tutte le coppie di opposti, non ci fa comprendere la dinamica della dualità, con la conseguenza che non accettiamo la parte negativa che invece è parte integrante della vita. Se eliminiamo il filo negativo della corrente elettrica alternata, non funziona neanche quello positivo e restiamo completamente all’oscuro!

Se usiamo al posto dell’aggettivo positivo il termine spirituale e al posto dell’aggettivo negativo il termine materiale, per rappresentare il fatto che abbiamo una dimensione spirituale e una materiale, a parte il fatto che non tutti danno per scontate le uguaglianze suddette, la situazione migliora sicuramente di molto, a condizione che non rinneghiamo la nostra parte materiale. Infatti, se Dio, il Creatore, la natura o l’universo ci ha fatto in un certo modo dandoci una parte negativa o materiale e un’altra positiva o spirituale una ragione ci deve pur essere.

Per evitare di dover ricorrere a qualunque condizione, forse sarebbe il caso di dire che abbiamo un polo azzurro come il filo negativo della corrente elettrica e uno rosso come quello il filo positivo. Il colore azzurro ci richiama il colore del cielo, spirituale per antonomasia, mentre il colore rosso ci ricorda il colore della lava vulcanica incoercibile e distruttiva. Il filo rosso, che trasporta il flusso di elettroni che genera la corrente elettrica, simbolizza il nostro lato materiale o negativo: energetico, grintoso, egoistico, istintuale e irrazionale. Il filo azzurro invece simbolizza il nostro lato spirituale o positivo: sereno, altruistico, volitivo e razionale.

Sappiamo che se i due fili della corrente elettrica si toccano tra di loro inavvertitamente vanno in corpo circuito, per cui s’interpone nel circuito una resistenza elettrica come la lampadina o l’elettrodomestico. Pertanto, per evitare che i nostri due poli di qualunque coppia di opposti, e più semplicemente per evitare che il nostro lato materiale collida con quello spirituale, dobbiamo interporre tra di loro una resistenza psichica.

La resistenza psichica da interporre tra l’amore e l’odio, l’altruismo e l’egoismo o tra il compiacimento e l’invidia (e qualunque altra coppia di opposti sempre pronti a entrare in corto circuito…, ossia ad azzannarsi) è l’equilibrio: equilibrio tra i due opposti. E per essere in equilibrio è necessario evitare gli eccessi dell’uno o dell’altro polo. L’equilibrio poggia sulla conoscenza di se stessi e quindi sulla consapevolezza.

La consapevolezza agisce proprio come la lampadina elettrica perché ci illumina, ci fa capire che i due opposti di ogni coppia sono entrambi necessari al buon funzionamento del sistema: insomma il negativo è utile e importante quanto il positivo. Se togliamo il filo negativo non c’è corrente. Ugualmente, se togliamo l’odio viene meno anche l’amore; se togliamo il male, viene meno anche il bene. I due poli, infatti, funzionano esattamente come le due facce di una moneta che sono opposte e inseparabili.

La negatività compare soltanto se privilegiamo uno dei due termini della coppia rinnegando o rimuovendo il polo opposto. Se eliminiamo uno dei due o lo riduciamo d’intensità rispetto al suo opposto, per esempio l’egoismo rispetto all’altruismo, non funziona bene nessuno dei due. Anche l’odio, fa male sia quando è troppo, sia quando è poco; e ugualmente l’amore fa male sia quando è poco, sia quando è troppo.

Come ho scritto in un precedente articolo al quale rimando “…nessuna coppia di opposti è statica perché i due termini o poli interagiscono continuamente tra di loro, e quando si allontano dal centro, ossia dal valore medio, un polo aumenta d’intensità e quello opposto o negativo non scompare, ma aumenta anch’esso dello stesso valore, in senso assoluto. Per esempio, se aumenta a dismisura l’amore, l’odio represso non scompare per niente, ma diventa inconscio e va a irrobustire l’ombra, il lato oscuro che si agita dentro compulsivamente causando automatismi inconsci incoercibili, auto-sabotanti e autodistruttivi”.

Il motivo per cui la maggior parte delle persone si arrabbia così istintivamente, anche quando non vorrebbe, sta nel fatto che la rabbia è stata rimossa così tante volte, ed è diventata così compressa, che parte da sola alla minima contrarietà. Pertanto, sarebbe buona norma cercare di calmarsi subito senza prolungare oltre lo scatto di rabbia, e magari anche chiedere scusa, provando compassione per se stessi anziché fustigarsi e ingiuriarsi.

I due termini opposti della coppia funzionano bene, e di conseguenza siamo stabili, sereni e contenti, soltanto quando sono equilibrati tra di loro. E dunque, è il troppo o il poco di una determinata cosa o qualità che ci fa stare male, pregiudicandone il corretto funzionamento perché non c’è equilibrio.

Il cibo è indispensabile per nutrire il nostro corpo, ma fa male sia quando è poco perché non soddisfa il nostro fabbisogno calorico, sia quando è troppo perché eccede i nostri fabbisogni. Ugualmente, l’amore è il nutrimento della nostra parte spirituale, ma fa male sia quando è troppo perché l’attaccamento sarà eccessivo, sia quando è poco a causa dell’eccessivo distacco.

Sia l’eccesso (il troppo), che la mancanza (il poco) sono deleteri perché interagiscono tra di loro al punto che ciascuno sconfina nel suo opposto.  Per esempio, se ti abbuffi a pranzo, subisci un’indigestione e sarai costretto a digiunare per alcuni giorni passando dal troppo al poco; se invece non mangi, consumerai il tuo stesso corpo per riscaldarti. Se ami troppo, l’amore si trasforma in odio alla prima contrarietà; se invece ami poco, diventi ancora più odioso in caso di contrarietà. Se sei eccessivamente altruista, il tuo altruismo si trasforma in egoismo se non sei ricambiato, a meno che non sei un masochista o un santo; se invece sei poco altruista, a maggior ragione diventi ancora più egoista se non ricevi nulla.

Dunque, per funzionare bene, ogni cosa o qualità deve essere nella quantità giusta; e per giusta o equilibrata s’intende né troppa, né poca. È bene rendersi conto che ci sono vantaggi e svantaggi in ogni cosa o qualità, anche se a volte vediamo solo gli svantaggi o danni, e altre volte soltanto i vantaggi o benefici. Per esempio, quando desideriamo qualcosa immaginiamo soltanto i benefici che ne avremo perché non conosciamo ancora l’altra faccia della medaglia: infatti, i danni o svantaggi possiamo vederli soltanto dopo aver sperimentato la realtà. Ugualmente, quando proviamo invidia è perché vediamo soltanto le fortune dell’altro, non sapendo come in realtà lui le sta vivendo.

I vantaggi sono stabili soltanto se una qualità o cosa è in equilibrio con il suo opposto, e quindi non è né troppa, né poca, ma nella quantità giusta. Noi siamo stabili e in grado di gestire al meglio le nostre emozioni solo quando i due poli opposti si equivalgano. Proprio come mangiamo un frutto soltanto quando è maturo e non certamente quando è acerbo oppure smaturato, così dobbiamo stare attenti a non esagerare nelle cose che facciamo.

Ma possiamo vivere con la bilancia in mano per evitare gli eccessi? Certamente no. Nel nostro agire quotidiano, mantenersi in equilibrio significa che se ieri abbiamo mangiato più del solito perché era festa o siamo stati in buona compagnia, e ci siamo lasciati un po’ andare, oggi e/o domani dovremo riequilibrarci mangiando meno del solito. Insomma, l’eccesso saltuario ci può anche stare, anche perché non siamo dei robot. È importante però riequilibrarsi appena possibile. Purtroppo, o forse per fortuna, noi dobbiamo fare i conti con la nostra parte materiale e irrazionale che ha alcune esigenze insopprimibili che non si possono castigare per nessuna ragione: pensiamo ai preti pedofili e soffermiamoci non solo sul male che fanno, ma anche al forte dramma interiore che vivono essi stessi!

Parliamoci chiaro: la vita è difficile per tutti perché il nostro lato spirituale collide in continuazione con quello materiale che è irrazionale e istintivo e pertanto più forte di quanto noi vorremmo. E così dev’essere perché la mente strombazza troppo il corpo, spesso anche a sproposito, e quest’ultimo deve essere in grado reagire dovendo assicurare non solo la riproduzione della specie, ma anche la sopravvivenza fisica.

Ora dobbiamo farci una domanda importante: se dobbiamo evitare il troppo e il poco per conservare l’equilibrio, questo principio è sempre valido, oppure ha delle eccezioni? Insomma è valido anche nel caso dello stress, dei pensieri negativi e della consapevolezza? Sicuramente sì!

Lo stress è utile (eustress) se non è né troppo né poco, ma quel tanto che basta per assicurare la prontezza di riflessi e la giusta attenzione. Lo stress è nocivo (distress) quando è eccessivo perché ci esaurisce prosciugando le nostre energie e rovinandoci l’esistenza; ed è nocivo anche quando è troppo poco perché viene meno quella giusta tensione che esalta la nostra risposta agli eventi.

Anche i pensieri negativi, se non sono né troppi né pochi, sono utili perché tengono la mente occupata sulla soluzione di un determinato problema. Se invece sono troppi, diventano assillanti, ossessivi e pericolosi; e se, al contrario, sono troppo pochi, vuol dire che sei eccessivamente positivo e sicuro di te stesso, per cui rischi troppo e puoi trovarti nei guai. E quando sei nei guai, sei anche sovraccarico di pensieri negativi.

E anche in fatto di consapevolezza, benché la cerchiamo tutti come se da essa dipendesse la nostra salvezza materiale e spirituale, dobbiamo stare attenti agli eccessi. La consapevolezza ha il compito di rendere conosciuto lo sconosciuto, ossia trasforma tutto ciò che è inconscio e irrazionale in conscio e razionale. Ma per vivere una vita degna di essere vissuta, ci dev’essere equilibrio anche tra razionalità e irrazionalità. L’irrazionalità, infatti, è la matrice inconscia della grinta, della vigoria fisica e della stessa voglia di vivere; di essa sono imbevute le emozioni, l’eccitazione e l’entusiasmo, fattori onnipresenti nel nostro vivere quotidiano.

Pertanto, più sei saggio e meno sei emotivo, quindi difficilmente ti meravigli, ti entusiasmi e ti ecciti perché tutto è previsto, a tutto hai una risposta pronta, tutto è sotto controllo e niente può scandalizzarti. Quindi, quando la consapevolezza è eccessiva, brucia ogni sorpresa, toglie ogni illusione, annichilisce gli istinti e le emozioni e ci trasforma in automi, ossia invecchi anzitempo. E allora, è proprio vero che il vecchio saggio non piange, non ride e non si muove neanche! La sua parte irrazionale residua appena appena lo tiene in vita.

Pertanto, se ritieni di essere una persona molto saggia e senza debolezze, ma sei ancora abbastanza giovane, non credere di essere particolarmente fortunato… perché se non compensi la grandiosità della tua mente con un’attività fisica molto intensa, il tuo corpo è praticamente già morto…

Be Sociable, Share!
  • Il vecchio saggio non piange e non ride?
Il vecchio saggio non piange e non ride?

Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :