Un'incontro/scontro di punti di vista e di idee sfociato in un mare di immagini di donne musulmane di tutto il mondo.
Una Rivoluzione nella Rivoluzione del mondo arabo.
Alla "Jihad Topless day" lanciata dal gruppo di attiviste originariamente ucraine che manifestano il loro disappunto notoriamente a seno nudo ha risposto il "MuslimahPride#", un gruppo (QUI) ed una pagina (QUI) su facebook che in un giorno solo ha ricevuto piu' di 2000 iscritti.
Le Femen infatti, in supporto ad Amina, la Femen tunisina minacciata dagli integralisti islamici per essersi mostrata a seno nudo con una scritta sul corpo in cui affermava di esserne l'unica proprietaria hanno indetto il "Jihad day" contro l'integralismo
ma sopratutto contro il velo e contro l'oppressione in cui vivono le donne arabe musulmane.
Quest'ultima motivazione ha scatenato le donne musulmane di tutto il mondo in una rivoluzione mediatica mai vista prima.
"Chi vi ha detto che vogliamo essere liberate?" - "Avete rubato la nostra voce"
Questi gli slogan anti-Femen della pagina "Muslim women against Femen" (Le donne musulmane contro Femen).
Questo fa capire come ancora, ad oggi, l'Islam sia visto esclusivamente come integralista e come le donne musulmane siano ancora viste solo come oppresse.
La liberta' oggi e' a senso unico. Ovvero va nella direzione che decide l'Occidente, la direzione che decidono i media e sopratutto va nella direzione dello "scoperto e' " libero-coperto e' oppresso".
Io sono musulmana dalla nascita, mia madre e' italiana e mio padre e' egiziano. Sono nata e cresciuta a Roma, dove ho vissuto fino l'eta' di 18 anni.
Ho vissuto come un'italiana con un padre egiziano, come una musulmana che passava le estati nei giardini della chiesa a disegnare con i bambini, come una ragazza che digiunava durante il Ramadan mentre i compagni di scuola scherzando le offrivano un panino.
Sono cresciuta con due culture in testa, convivendo con due religioni nel mio cuore, festeggiando il Natale e la Festa del Sacrificio, rispettando e facendomi rispettare, indistintamente.
E nessuno nella mia famiglia porta il velo, tranne io.
Nel 2000, 13 anni fa, all'eta' di 21 anni ho indossato per la prima volta il mio hijab. Da sola, senza fidanzati o mariti che mi hanno costretta, senza un padre padrone che mi ha obbligata.
Semplicemente per mia personale scelta, che nessuno ha ostacolato e tutti hanno accettato.
Ad oggi, moltissime volte mi sono arrabbiata alle domande "Perche' tuo marito ti ha fatto mettere il velo?" oppure "Ma se sei italiana perche' porti il velo, perche' non te lo togli?" come se a priori io non potessi scegliere di coprirmi, come se a priori io non avessi abbastanza cervello da decidere se indossare un velo o no.
Come se a prescindere le donne musulmane siano per forza state tutte costrette a velarsi.
Ora, non cadiamo nell'ipocrisia, sono tantissimi i casi nel mondo in cui le donne sono state costrette a velarsi da padri o mariti o fratelli, ma non sono assolutamente loro la maggioranza.
Le donne che ho conosciuto in quasi 16 anni di vita in Egitto hanno tutte scelto di coprirsi spontaneamente. Solo 1 ragazza ho conosciuto costretta a velarsi dal fidanzato, ma le altre liberamente hanno indossato il loro hijab, chi prima e chi dopo il matrimonio.
Addirittura Shaimaa, una mia cara amica cairota, stava rischiando il divorzio perche' si era velata contro il volere del marito, che la voleva assolutamente senza hijab.
Nel Villaggio di Abadeya invece (di cui vi avevo parlato QUI, QUI E QUI) sono rimasta letteralmente scioccata nell'incontrare tre giovani donne che dall'hijab sono passate al Niqab (il velo che copre anche gli occhi) spontaneamente, perche' si vergognavano degli sguardi degli uomini quando andavano al mercato.
(foto al lato )
L'idea sbagliata dell'Islam data dai media e formentata dagli integralisti che agiscono senza ragionare (visto che un cervello neanche ce l'hanno) e' la causa principale dell'avversione del mondo verso il velo islamico e la conseguente convinzione che esso significhi assolutamente MANCANZA DI LIBERTA'.
Quando lo scorso Settembre, a seguito di manifestazioni, le hostess dell'Egyptair (la compagnia aerea di bandiera egiziana) vinsero la loro battaglia per indossare l'hijab a bordo, il mondo occidentale urlo' subito all'islamizzazione dell'Egitto. Nessuno invece capi' e vuole capire finora che fino a quel momento le donne che indossavano l'hijab non erano ammesse a bordo proprio a causa di esso, e per questo erano discriminate nel loro Paese. Discriminate nel loro Paese che supportava a loro spese l'intolleranza globale per creare un'idea di liberta' femminile. Come se la liberta' fosse nello scoprirsi esclusivamente.
Le donne egiziane lavorano, sono medici, sono insegnanti, sono attiviste, giornaliste, politiche, madri e compagne.
Ai tempi di Moubarak nessun velo poteva comparire negli aerei e nei telegiornali, ora invece e' stato abbattuto questo muro e non fa piu' differenza l'avere il velo o meno.
Anche io purtroppo mi sono trovata nella situazione in passato in cui datori di lavoro in Egitto mi chiedevano di togliere il velo per poter accedere all'impiego, ma ho sempre rifiutato.
Il mio cervello funziona benissimo, che esso sia coperto o meno dal mio hijab e quest'ultimo mi completa e fa parte di me, ora e per sempre.
Mi auguro che questa "battaglia" mediatica dia risultati e che la gente nel mondo smetta di targettare una donna in base al suo abbigliamento, qualsiasi esso sia.
E come diceva una grande donna,
“Le donne che hanno cambiato il mondo non hanno mai avuto bisogno di mostrare nulla, se non la loro intelligenza” Rita Levi Montalcini.
Io :)