La scrittrice Elisabetta Bucciarelli un po’ di tempo fa poneva una domanda. Non credo di essere capace di rispondere, ma di rifletterci sopra, quello sì.
Se si vive all’interno di certi ambienti di lavoro, quelli che possiamo definire “ruspanti”, il tipo di uomo che ne emerge è desolante.
Piccola parentesi: parlo per esperienza personale. Anche se io sono stato per anni web editor del sito ilMac.net, il mio curriculum lavorativo è stato tutt’altro che entusiasmante. Senza annoiare chi legge: ho fatto l’operaio, il magazziniere, l’aiuto magazziniere, l’autista, il garzone, l’addetto alla vendita.
E alcune di queste cose anche in nero, ovviamente.
In tutti questi ambienti, che ho frequentato dagli anni ’80 sino praticamente all’altro ieri, gli argomenti di cui si parla sempre sono due.
Il calcio, e no, la donna no. O meglio, la donna ma attraverso il suo apparato genitale, e basta.
Spostare la conversazione su qualcosa di diverso non è possibile, a meno che non accada una catastrofe. Lo tsunami, oppure l’11 Settembre.
Ma è faccenda di pochi minuti, poi si ritorna nel solco di sempre.
E’ giusto quello che si è detto: l’immagine dell’uomo che ne esce dagli ultimi episodi è devastata. Perché di fatto, è la medesima di 100 anni fa, o 200. C’è stato il progresso tecnologico, e anche culturale, si capisce: non sono pochi gli uomini che hanno un’idea della donna differente da quella che va per la maggiore.
Si tratta però di una nicchia.
Sfuggo alla domanda del post, biascicando di concetti triti e ritriti? Può darsi; ma non mi identifico con nessuno in particolare. Credo che ciascuno debba essere l’eroe di se stesso; e sviluppare una sana insoddisfazione per quanto lo circonda.
Parlo del mio percorso, senza dilungarmi troppo.
Come ho già spiegato, un giorno mi sono reso conto di essere molto ignorante; e ho iniziato a leggere. La parola mi ha reso differente (non dico migliore); ma se non ci fosse stata lei, in quei discorsi ci sarei stato pure io.